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venerdì 16 dicembre 2011

FRUTTA AL BAR

In occasione della tavola rotonda promossa da FRESHPLAZA.IT tenutasi al MACFRUT di Cesena ed intitolata "Seminiamo le idee" è stata lanciata una sfida: portare il consumo pro capite di ortofrutta in Italia dagli attuali 600 grammi a 900 grammi. Si è partiti dal concetto che se anche il livello del consumo pro capite italiano è ben al di sopra della media europea non si tratta certamente di quantitativi significativi e si è ancora lontani dai "5 a day" o dai cinque colori propagandati da tempo dalle istituzioni.



In pratica, si è detto, 600 grami corrispondono a un grappolo d'uva, a 3 mele oppure a una testa di cavolfiore. Veramente poco. Visto da questo angolo il traguarda di 900 grammmi non sembra troppo ambizioso ma se poi si inizia a individuare gli strumenti con i quali gonfiare il consumo di ortofrutta iniziano i dolori.

Sappiamo tutti che la distribuzione moderna non è capace di captare bene il consumo impulsivo, quello che avviene ogniqualvolta una cosa è messa a disposizione al posto giusto, nel momento giusto, nella qualità e scelta giusta ed al prezzo giusto. I punti vendita sono luoghi assettici che ammassano troppa roba spesso dominata dalla plastica. Raramente visitando un reparto ortofrutta viene la cosiddetta "acquolina in bocca". Raramente s'intravvede l'invito a un consumo sul posto come invece poteva avvenire quando i fruttivendoli li si trovavano in ogni angolo delle città.

Cosa si può dunque inventare? Voglio qui propagandare un'idea che ho da qualche tempo: aprire un canale di vendita del tutto nuovo con l'introduzione della frutta fresca nei bar. D'accordo, già adesso spesso i bar usano gli agrumi e ne fanno anche i succhi, o una fettina di ananas ma per esempio la macedonia viene offerta raramente. Dovrebbe partire una grande campagna di stampa per far cambiare mentalità e gusto a un'importante percentuale di frequentatori di questi luoghi di ristorazione veloce. Cosa c'è di più nutriente, di più sano, di più immedidato che un singolo frutto al giusto punto di maturazione o una macedonia invitante preparata fresca a diverse ore del giorno?

Sono partito con questa descrizione quando ho avuto occasione di fotografare un vassoio di frutta offerta come avevo i nmente io in un piccolo bar nelle vicinanze di Modena (Extra Caffè a San Donino vicino all'uscita Modena Sud). Ecco qui la foto e nessuno potrà dire che una presentazione di questo genere non invita a consumare per esempio una pera. O chiedere una macedonia fatta all'istante. Io continuerò a spingere su questo tasto dove e come posso. Pochi giorni fa ho messo una foto sul sito di Davide Paolini, il GASTRONAUTA. Ammiro quell'uomo ma nello stesso tempo mi è antipatico perchè non parla mai di frutta fresca, di orticole men che meno.

sabato 26 novembre 2011

DALLE STELLE ALLE STALLE



La regine delle pere, la tanto decantata Abate Fetel italiana, ha fatto splash. Le quotazioni, alle stelle l'anno scorso, sono quasi dimezzate. Sono tante le cuase che man mano che passerà il tempo cercherò di analizzare con cura.

Fattore no. 1: Un raccolto enorme generato da alberi in piena forma dopo un'annata, quella precedente con un raccolto leggerissimo.

Fattore No. 2: Le proprietà di base del prodotto sono tutte ottime ma la qualità è depressa causa il calibro medio dei frutti molto scarso. In questi ultimi anni tutti i mercati, anche quello francese che accettava la pezzatura piccola 65-70, si sono evoluti verso una preferenza per il 70mm ed oltre. Quest'anno invece una buona metà del raccolto è fra il 60 ed il 70.

Fattore No. 3: Una scarsità di domanda in generale causata della situazione economica negativa in tutta l'area dell'euro. Quando un'abbondanza di offerta si scontra con un mercato così poco reattivo le conseguenze sono catastrofali come avviene in questo momento.

Fattore no. 4: La GDO non è più preparata ad affrontare situazioni d'emergenza e così sui punti vendita non viene convogliato a sufficienza il messaggio dell'eccezionalità positiva delle occasioni d'acquisto.

Fattore no. 5: Mancanza di un ente sovvraregionale che tuteli le pere italiane. Se una situazione di questo tipo fosse successa nelle zone di produzione di mele Melinda o Marlene fin da prima del raccolto si sarebbero viste azioni eccezionali di promozione e di comunicazione. In Emilia Romagna invece la valanga di pere ha sommerso tutti nel sonno.

Le due foto raffigurano abbastanza bene lo stato di abbandono nelle quali si trova la commercializzazione delle pere

quest'inverno.

giovedì 17 novembre 2011

IL NOSTRO MINISTRO: Mario Catania


Il governo Monti è in pista. Tutti sembrano contenti e ci accodiamo agli auguri più o meno sinceri che provengono dalle parti politiche ma sopratutto a quelli sinceri provenienti dalle rappresentanze degli agricoltori che sono autentiche.

La partita che si sta giocando sulla PAC a Bruxelles è troppo importante per essere trascurata come ha fatto il precedente ministro non presetandosi recentemente ad un importantissimo appuntamento U.E. proprio sulla PAC. L'instabilità del governo era ormai palese e l'assenza anche giustificata ma d'ora in poi un periodo di certezze ed una personalità compotente ed esperta come Catania darà autorità all'Italia e competenza sufficiente per difenderne gli interessi.

Il Sole 24 Ore chiosa per esempio:
"Il nuovo ministro sembra la persona ideale per portare avanti il negoziato europeo per la nuova politica agricola comune che "vale" per l'Italia – insieme allo sviluppo rurale - circa 6 miliardi di euro.

Paolo Bruni, presdidente di COGECA, dichiara:
"Nel Governo che, per l'autorevolezza del Presidente Monti, vorrei definire di Responsabilità Nazionale, Mario Catania potrà apportare un significativo contributo all’intero comparto agroalimentare", Ed ancora: “La scelta di puntare su Catania risponde all'esigenza di individuare una figura professionale che racchiuda competenza tecnica, credibilità comunitaria ed esperienza. Ritengo che il neo Ministro possieda la preparazione per affrontare il necessario riequilibrio del valore nella catena alimentare e il difficile negoziato della Politica agricola europea in discussione proprio ora a Bruxelles.

venerdì 11 novembre 2011

MACFRUT NON CAMBIA

Da anni fra gli operatori c'è grande apprezzamento per quanto a Cesena è stato fatto per sostenere gli sforzi della filiera ortofrutticola italiani ma da anni si annotano i limiti che questa location comporta. Ci sarebbe bisogno di un Upgrade energico, un cambio adatto a svegliare nuovi ottimismi, ma secondo un articolo apparso adesso sulla rivista online ROMAGNA NOI l'edizione 2012 warà ancora invariata. L'introduzione del corsivo è la seguente:

"Il Comune e la Fiera di Cesena stanno già lavorando per allestire anche l’edizione 2012 di Macfrut al quartiere di Pievesestina. Se poi il ‘gioiello’ dell’ortofrutta nei prossimi anni dovesse davvero traslocare alla Fiera di Rimini, dovrà per forza esserci una compensazione..."

Non è colpa dell'organizzazione ma a Cesena mancano le infrastutture adatte per una moderna manifestazione di questo genere. Basta visitare le fiere nate anni dopo MACFRUT come per esempio Fruit-Logistica di Berlino, ASIA Fruit Logistica e Fruit Attraction di Madrid per rendersi conto quanta è la distanza fra l'esposizione leader italiana e le tre citate.

Un altro aspetto negativo è quello della logistica. L'assenza di un aeroporto collegato con tutt'Italia e con tutte le capitali d'Europa si fa notare. Con l'aumento degli eventi di questo genere spesso le visite anche a lunga distanza si riducono a un mordi e fuggi. Un giorno, due giorni massimo. Questo a Cesena è impossibile anche si si tratta di una fiera "internazionale".

Anche economicamente l'Italia si è ridotta alle condizioni che si sono fatte drammatiche in questi giorni. Anche e sopratutto perchè si sono rinviate le grandi scelte. Si tende andare avanti al piccolo trotto, senza guardare al

futuro, senza tener d'occhio la concorrenza. Con le cose che cambieranno ci sarà senz'altro anche MACFRUT. Ma più si aspetta peggio sarà.

mercoledì 9 novembre 2011

Il Commercio, questo dimenticato


E' vero che nelle nostre economie e sopratutto nei prodotti freschi quello che una volta veniva descritto con il nome "commercio" è diventato servizio. Perchè tutte le fasi sono ormai talmente standardizzate che il rischio connesso con la "commercializzazione" è minimo e pertanto l'aspetto del servizio è diventato predominante. Oggi nei mercati europei tradizionali la GDO ha cambiato tutto ed è essa che premia il servizio ed impone i prezzi. Ricordiamoci però che fino a poco tempo fa si usava le parole "commercio al dettaglio" perchè effettivamente le operazioni della fase distributiva contenevano forti componenti legate ai prezzi ed alle trattative collegate.

Quando si parla invece di esportazione e sopratutto di mercati lontani o lontanissimi allora il fattore tecnico, quello che include tutte le fasi fra la raccolta del prodotto e l'immissione nello scaffale, perde d'importanza. Il fattore rischio e fiuto commerciale torna preminente anche perchè spesso i mercati dei paesi emergenti hanno un sistema distributivo legato alle vecchie regole.

Ecco perchè sopratutto nella situazione nella quale ci troviamo adesso, la scarsità di operatori commerciali forti si fa sentire. Le poche eccezioni ancora in campo dimostrano la validità di questa tesi e se ne sente la mancanza. I pochi paesi dell'emisfero nord che sono veramente attrezzati per il commercio ortofrutticolo d'oltremare (Olanda, Spagna, California) hanno conquistato i mercati sì con la qualità di prodotti e servizi ma anche grazie all'intraprendenza di una folta schiera di esportatori professionali pronti ad aprire nuove strade ovunque si presentavano speranze di margini di guadagno.

C'è anche qui una fase pionieristica che precede la conquista definitiva di forti quote di mercato, ma proprio questa fase è importante perchè si considerarla come le teste di ponte che permettono il dilagare delle truppe in una fase successiva. Laddove la distribuzione è ancora arretrata ed il rischio di contestazioni e mancati pagamenti è importante gli aspetti commerciali prevarranno ma man mano che anche in quei paesi i supermercati crescono l'approccio diventa più facile.

Non c'è dubbio che quella fase iniziale, pionieristica e di conquista non è molto congeniale a un organizzazione cooperativistica guidata da consigli di amministratori, direttori e sales managers. I produttori non capirebbero il perché di perdite causate da contestazioni o mancanti pagamenti che causa la forte concorrenza e la poca notorietà attuale del prodotto italiano non sono mai esigibili in anticipo. Il responsabile commerciale non rischia il suo posto di lavoro facilmente e così molti progetti di internazionalizzazione che oggi sarebbero possibili e doverosi rimangono nel cassetto.

Anche la grande convention chiamata Alleanza della Cooperazione Agricola Italiana tenutasi a Bologna il giorno 7 Novembre 2011 ha glissato su questo tema. Le proposte messe nero su bianco in quell' occasione parlano di premi alle cooperative che riescono ad aumentare la quota export del 5 % rispetto alla media dei 3 anni precedenti. Reclamano dalle autorità di affrontare con risolutezza l’annoso problema delle barriere fitosanitarie e doganali.

Sempre in campo di Internazionalizzazione viene proposta l’istituzione di una cabina di regia per il coordinamento dei soggetti pubblici responsabili della promozione dell’export e per la promozione si chiede con forza anche l’applicazione su scala mondiale del principio delle regole di accesso al mercato uguali per tutti per salvaguardare i prodotti con la certificazione dell’origine e risolvere il problema della reciprocità e delle contraffazioni.

Benissimo. Si tratta di regole ed incentivi. Sono queste le cose che le autorità devono fare, le cose che anche le grandi organizzazioni di produttori devono fare. Ma nessuno si è chiesto chi deve mettere in pratica il collocamento delle merci per esempio in USA, Brasile o in Cina. Chi deve prendere la valigetta e viaggiare, conoscendo tante lingue, ed individuare i clienti adatti. In seguito prendere in mano il telefono ed offrire merci a prezzi franco arrivo (CIF). Organizzare la logistica marittima, approntare la miriade di documenti ed aspettare l'incasso delle fatture dopo due o tre mesi.

Sarebbe bene pensare anche in questa direzione e cioè come coinvolgere chiunque in Italia ed all'estero abbia voglia di mettersi in gioco. Di commercianti in giro per l'Italia ce ne sono tanti, basta pensare alle regioni del sud o anche ai mercati all'ingrosso. Se a un buon numero di loro la cooperazione garantisse la messa a disposizione di merci di qualità, di marchi affermati al prezzo giusto nel giro di pochissimo tempo l'Italia potrebbe occupare quel posto che nel mondo le spetta: il posto di uno dei tre attori principali sui mercati globali. O ci si muove velocemente oppure si presenteranno paesi come la Turchia, Egitto o la Corea o la Cina ad offrire proprio quei prodotti che sono oggi il vanto della produzione ortofrutticola italiana: Kiwi, mele, pere, uva, arance, nettarine, susine, radicchio e tante altre.

lunedì 7 novembre 2011

La cooperazione agricola scende in campo unita


La crisi di questi anni produce effetti positivi anche in campo agricolo. L’alleanza fra unioni di cooperative (FEDAGRI E LEGACOOP Agroalimentare e AGCI Agrital) è fra quelli. Oggi a Bologna la prima assemblea sociale ha sanzionato gli accordi nati nel mese di febbraio dell’anno in corso ed è stato senza dubbio un triplice successo:
- Centinaia di dirigenti, operatori ed addetti ai lavori hanno onorato l’evento solenne all’inizio del quale hanno anche ascoltato in silenzio l’inno nazionale. I contestatori organizzati e strumentalizzati sono stati tenuti lontano
- I presidenti delle associazioni si sono divisi i compiti ed hanno dato fin dall’inizio un’impronta sobria ed essenziale ai loro discorsi. Hanno sottolineato che la manifestazione aveva lo scopo di proporre e di non indulgere sulle lamentele ed effettivamente in linea di massima si sono sentiti discorsi terra terra. Discorsi rivolti alla propria base e non indirizzate come spesso accade, ai politici o ai vari nemici. Il folto pubblico non ha fatto il tifo ma ha anche applaudito
- Si è messo per iscritto una lista di 30 proposte, molte delle quali condivisibili anche da chi invece di occuparsi della produzione fa parte della filiera distributiva.

I temi principali, ognuno dei quali è suddiviso in varie voci, sono:

La PAC (Politica Agricola Comune) che come una delle richieste più pressanti ha la creazione di condizioni affinché il sostegno sia erogato solo alle aziende che realmente producono per il mercato e sono protagoniste del mercato. L’accrescimento delle dimensioni delle aziende agricole è un altro tema importante. Fra le voci spicca quella che chiede un rilancio, una specifica legislazione, delle cooperative per la conduzione associata dei terreni a proprietà privata divisa o indivisa. Simili scopi persegue anche il suggerimento a sostenere la costituzione delle “banche della terra” per l’utilizzo collettivo di terreni di soci che li coltivano solo in parte.

Immediatamente dopo la richiesta di una nuova politica per le aggregazioni cooperative viene una corposa proposta di Internazionalizzazione delle cooperative agricole ed agroalimentari. Il metodo proposto è quello di un credito di imposta pari al 50 % del valore degli investimenti se viene raggiunto un aumento minimo del 5 % del fatturato export rispetto alla media del triennio precedente. Si chiede inoltre al Ministero delle politiche agricole di affrontare con risolutezza l’annoso problema delle barriere fitosanitarie e doganali.

Sempre in campo di Internazionalizzazione viene proposta l’istituzione di una cabina di regia per il coordinamento dei soggetti pubblici responsabili della promozione dell’export. Per questo capitolo della globalizzazione viene proposta anche l’applicazione su scala mondiale del principio delle regole di accesso al mercato uguali per tutti per salvaguardare i prodotti con la certificazione dell’origine e risolvere il problema della reciprocità e delle contraffazioni.

Tratteremo i tanti altri problemi la prossima volta. Essi riguarderanno la definizione dei cosiddetti rapporti equi con la Grande Distribuzione Organizzata, l’accesso agevolato al credito e le relative garanzie, la sburocratizzazione reale in tempi brevi con una lunga lista di esempi.

Il capitolo finale che contiene le proposte dai numeri 26 al 30 si dilunga su una serie di potenziali strumenti nazionali per la crescita iniziando con la leva fiscale che dagli sgravi al credito di imposta devono arrivare ai contributi previdenziali, agli aiuti di stato, al pieno sviluppo delle filiere e la costituzione di specifici fondi per favorire la capitalizzazione delle cooperative e per sostenere i progetti strategici delle filiere cooperative in ambito interregionale.

domenica 30 ottobre 2011

FRAGOLE SIMPATICHE: Tutto il mondo è paese


Come si vede bene da questa testimonianza fotografica anche in Inghilterra la produzione locale ha il suo appeal. Lo sappiamo da quando proprio nel Regno Unito anni fa è partita la campagna delle foodmiles. Per quanto riguarda le verdure di base (patate, cipolle, carote, cavolfiore ecc), è quasi autosufficiente come la Germania ma il consumo di frutta, dato il clima poco favorevole, dipende molto dall'importazione. Questo comporta spesso lunghi tragitti di trasporto con fattori di inquinamento atmosferico senza dubbio rilevanti.

Partendo da questi presupposti gli ambientalisti hanno giustamente ricordato che non sempre l'acquisto all'estero e necessario perché ci sono produzioni che sono possibili anche nel paese. Una di queste produzioni è quella delle fragole che da sempre costituiscono il vanto dei produttori ortofrutticoli britannici durante i mesi di giugno e luglio ma che,con le tecniche più recenti, arrivano anche a Ottobre come dimostra l'immagine realizzata pochi giorni fa a Londra e qui riprodotta.

Questo è un esempio di promozione di "immagine paese" come può essere escogitata solo dai dettaglianti che con questo sistema parlano al consumatore garantendo qualità che nel mondo d'oggi sono richieste a gran voce dalla maggioranza dei clienti: offerta di prodotto più ecologico e meno caro possibile.

In Italia i produttori sono tanti e raramente collaborano fra di loro per raggiungere un risultato favorevole all'intero settore. L'unica possibilità indolore che vedrei è quella di un'azione concordata fra i 3-4 maggiori produttori di cestelle di plastica. Se si mettessero d'accordo su un design standard accattivante con ben in mostra il nostro tricolore, potrebbero risparmiare sulla base delle economie di scala possibili, offrire l'imballaggio a tutti indistintamente a un prezzo leggermente scontato e raggiungere così lo scopo di essere utile a tutti i componenti la filiera ed al paese intero se questo sistema fosse adottato anche per le esportazioni.

Da quanto un giornalista da noi invitato per visitare la Toscana per l'assaggio dei vini famosi di quella regioni ci ha chiesto, passeggiando in pieno centro a Firenze, quando si andava a visitare la Toscana, non credo più nelle promozioni delle singole regioni. Almeno quando si parla di mercati Europei o mondiali. Il pubblico di oggi non le conosce. Con il sistema qui sopra descritto si otterrebbe una bella promozione dell'immagine italiana sperando che la qualità non passi in second'ordine.

sabato 8 ottobre 2011

Lo spread dei prezzi campagna - punto vendita commentato in USA

Già nel 1993 nella rivista specializzata americana THE PACKER è stato pubblicato il seguente contributo a una discussione circa il problema dei ricarichi della distribuzione nel settore ortofrutta fesca:

Should growers care about the retail mark up or margin on their commodities?

This is my favorite quote whenever I discuss this issue with growers and I've developed whole talks on the subject:
"The farmer/retail price spread is among life's greatest riddles."
As you've all basically pointed out, farmers need to worry about their margins, not those of the retailers. If they want to get more of the retail price, then they need to take on some or all of the marketing/distribution/value-added costs associated with selling directly to the consumer. But if the USDA estimates are correct, that the farmer only gets ~20% ( http://www.ers.usda.gov/data/fooddollar/ ) of the retail value of most food products, then the retailer's price is only impacted by ten percent if the farm price goes up or down 50%. However, the demand for most products in a given market is too price inelastic, so a retailer won't sell significantly more/less, but will greatly impact the profitability, by adjusting price significantly.
It's a no win situation for the farmer to demand to know the pricing strategy of the retailer, except if the retailer is trying to pass on the low-ball pricing of a loss-leader, which then reminds me of my other favorite quote by a local peach grower when confronted with that proposal: "Whose sale is it anyway?"
And who do I attribute that quote above? Tom Karst, Marketing Editor, The Packer, column title May 22, 1993.

Posted by Richard

lunedì 22 agosto 2011

COCOMERO FUORI MODA?


Il solo titolo del SOLE24 ORE mi ha ricordato un pensiero che mi viene spesso quando vedo un cassone di cocomeri in un negozio: Chi comprerà questo oggetto così voluminoso ed a conti fatti anche così caro?

L'autore infatti si chiede: "L'anguria va in crisi fra batterio killer e speculazione. Ma forse anche perché è un frutto d'altri tempi"

Lancio qui un appello di collaborazione a chi ha idee sul come inquadrare in futuro questa delizia e sopratutto come consumarla. Una sorta di brainstorming a vantaggio di tutti, produttori, distributori e consumatori.

PROMOZIONI: Sapore di nuovo nelle Terre di Messmer!!

Myfruit.it pubblica una notizia che secondo me è clamorosa, una vera svolta nella valorizzazione di prodotti locali e, se vogliamo, a KM Zero: Le moderne tecniche permettono al consumatore di riconoscere i prodotti della sua regione e di seguire un trend che si fa sempre più strada, il consumo locale.

Un'altro aspetto eclatante è quello che dietro all'iniziativa ci siano le Università di Innsbruck e di Bolzano con i relativi enti di promozione delle due regioni e con già disponibili anche i fondi necessari per dare concretezza all'iniziativa.


Ecco qui la parte conclusiva dell'articolo firmato da Davide Bernieri:

"....marchio che identifichi i prodotti qualitativamente superiori provenienti dall’agricoltura “alpina” nei due versanti, tra Italia e Austria, e riuscire ad utilizzarla in chiave di marketing sul mercato per ottenere una maggiore remunerazione di filiera, mele comprese. Tramite l’identificazione dell’origine dei prodotti attraverso il metodo standard degli isotopi stabili e l’incrocio di questi dati con una spettroscopia Nir che evidenzia la loro qualità, OriginAlp potrà richiamare l’attenzione sui prodotti agricoli provenienti da quest’area, che già godono di ottima reputazione""

sabato 20 agosto 2011

Le ciliegie conquistano nuovi spazi


Voglio qui segnalare che, a Ferragosto, anche nei migliori negozi di Bologna e delle località turistiche più note della regione, sono apparse le ciliegie della Val Martello. Si tratta di una piccola vallata che raccogliendo le acque che scendono dal ghiacciao dell'Ortles sfocia nell'Adige che scende dal Passo Resia ed offre a quasi 1.000 metri di altitudine pochi ettari di terra coltivabile. Le bellissime fragole tardive di questa zona si sono affermate da ormai alcuni anni.

E' la conferma che i frutticoltori sudtirolesi hanno scoperto questo frutto che fino a pochi anni fa non faceva parte della pur ricca offerta di prodotti ortofrutticoli della Provincia di Bolzano (mele, pere, fragole ecc.) Poche settimane fa si sono infatti viste anche bellissime ciliegie provenienti dalla zona di Egna a sud di Bolzano. Si tratta di un arricchimento ottimale dell'offerta di ciliegie che sfruttando le differenze geografichce e di clima sono così presenti come produzione italiana da Maggio (Puglie) a Giugno-Luglio (Vignola, Verona, Romagna) ad Agosto (Trentino ed Alto Adige).

Chi pertanto cerca frutta di stagione deve adattare il proprio vissuto ricordando che la stagione di ciliegie nazionali va da Maggio alla fine di Agosto. E chi lamenta il calo di consumi (per esempio di pesche) non dovrebbe dimenticare che ogni anno ci sono nuovi prodotti concorrenti anche dall'Italia. E spesso sono di ottima qualità come per esempio l'uva Vittoria presente già a Giugno)

Saturnine o Paraguaios

Da qualche anno queste peschine piatte fanno una marcia trionfale su tutti i mercati Europei. Wikipedia le descrive così: "Pesca saturnina" o "Pesca tabacchiera" o "platicarpa": forma schiacciata, sapore intenso (alcune accessioni diffuse in Sicilia altre ottenute tramite incrocio come ad esempio Saturn e la serie Ufo).

Se anche l'origine italiana sembra accertata in questo nostro paese in pochi amano promuovere l'innovazione. A questo nuovo arrivo è toccato emigrare in Spagna per ottenere la giusta attenzione: Un frutto che si presenta con una forte personalità che non ha bisogno ne di nome(ne ha infatti ben sette)ne di brand, ma attira l'occhio del curioso e si fa vedere nello scaffale da chi si è nel frattempo innamorato.

Si tratta di un frutto delizioso, succoso e profumato, che fra le altre cose ha anche il pregio di non smaturare velocemente. Provare per credere!

Al Sud: Inutili Protezionismi e Finanziamenti

Il noto giornalista Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera del 19 Agosto 2011, prende per le corna il problema del Sud che non riesce a utilizzare adeguatamente i fondi dell'Unione Europea. Finora sono state scongelate somme disponibili per il periodo 2007-2013 solo per il 9,6 percento. La Regione Campania è riuscita a primeggiare con un misero 2,4 %.

E' una situazione che si protrae da sempre e mi chiedo quali speranze può il resto d'Italia nutrire in un territorio così vasto e così importante che non sa organizzarsi neanche per portare a casa denari che tutta la comunità (Italiana ed Europea) mette a disposizione per realizzare progressi che potrebbero ripercuotersi positivamente su tutto il paese, su tutta l'Unione.

Nel campo ortofrutticolo solo i Siciliani sono riusciti ad organizzarsi massicciamente ottenendo nei decenni passati una prolungata fase di "protezionismo" degli agrumi. Il mercato protetto ha permesso prezzi alti alla produzione per un certo periodo di tempo. L'Italia è stato però negli stessi decenni l'unico paese dove d'estate non era possibile procurarsi una spremuta d'arance. Ogni import era vietato per ragioni fitosanitarie inesistenti. Il risultato è stato la perdita di tutti i mercati esteri ed il totale collasso di tutta l'industria agrumicola mentre nello stesso tempo la libera importazione di Kiwi Neozelandesi ha permesso l'inserimento vittorioso di questo prodotto in moltissime regioni produttive d'Italia a dimostrazione che evitare la concorrenza alla lunga procura solo danni.

Al nuovo ministro delle politiche agrarie vorrei consigliare un approfondito studio di mercato con l'augurio che intorno ai risultati emergenti lui possa coagulare le forze sane che pure in tutto il Sud esistono ancora.

giovedì 11 agosto 2011

PESCHE: C'è anche chi sta peggio


Questo articolo è apparso oggi 11 Agosto 2011 sul sito giapponese "http://www.japantimes.co.jp/news.html e fa tenerezza. Parla delle pesche raccolte nelle vicinanze dell'impianto nucleare esploso. A pensare che Fukushima, la regione colpita dallo Tsunami e dal disastro nucleare, è la seconda più importante zona di produzione di pesche di tutto il paese ci ricorda a quanto ci ha fatto soffrire il batterio E.Coli. Mi immagino che per l'irradiazione sarà anche peggio. Ecco qui l'articolo e la foto:

""Workers pack "akatsuki" peaches Wednesday at JA Shinfukushima in the city of Fukushima. Rumors of contamination due to fallout from the Fukushima nuclear plant have harmed sales of food from the prefecture, the nation's second-largest peach grower. The latest batch, however, measured way within the state safety limit.""

lunedì 25 luglio 2011

Abbondanza vissuta in modo negativo

Siamo in piena estate, siamo nel bel mezzo della stagione delle pesche e delle nettarine, frutti dominanti in questi mesi. C'è ogni Ben di Dio in offerta in mille modi, dovunque. Alimenti sani, raccomandati da tutti i medici. Dovremmo essere felici e contenti.

Una volta era così, ma oggi non più. In modo masochistico preferiamo spesso assaporare l'amaro dell'altra faccia della medaglia. Ed ecco che diamo peso a fattori negativi come:

- La frutta non è più buona come una volta! C'è un fondo di verità ma spesso siamo anche noi che non sappiamo gestire bene la frutta una volta portata a casa. Non può essere sempre già matura al punto giusto. Spesso basterebbe aspettare un giorno o due per permettere agli zuccheri di svilupparsi completamente.
- la frutta è troppo cara! Specialmente se consideriamo il prezzo al Kg. Proviamo però a fare i conti che cosa costa un frutto. In media per un bel calibro ci vogliono 5 frutti per fare un KG. Se il prezzo è di € 2.00 al KG un frutto costa 40 centesimi. E' molto per il piacere ( e le calorie e le vitamine) che ti da?
- I commercianti (inclusa la GDO) guadagnano troppo! Sentiamo che il rincaro dal campo allo scaffale è anche del 500 %. E' veramente uno scandalo o è un calcolo fazioso? Produrre costa da 35 a 60 centesimi al KG. Ma anche lavorare e distribuire kilo per kilo costa molto. Per di più costa uguale per ogni tipo di merce e per ogni livello di prezzo. Da 1.00 euro a 1,30 euro al Kiilo. Ergo quando al dettaglio un kilo viene offerto a € 1.00 al produttore non rimane niente. Se pagassimo ogni kilo mediamente € 2.00 il produttore sarebbe stracontento.

La mia esperienza personale è che se sono contento della qualità organolettica e salutistica vale la pena spendere quanto mi si chiede. Sono fortemente arrabbiato quando mi tocca constatare che si tenta di rifilarmi merce cattiva, merce che è stata raccolta male, trattata male e che non raggiungerà mai lo stato ottimale per una degustazione piacevole e soddisfacente.

lunedì 2 maggio 2011

Vero o Falso?



Il lunedì di Pasqua, insieme a mia moglie, ho fatto una gita a Cesenatico. Una bella giornata, il porto canale con le vele d'epoca in pieno splendore, tante bancarelle invitanti. Una di queste esponeva frutta fresca veramente bella ed accattivante. Si vedeva che il venditore era del mestiere. Forse un po' troppo? Dicono la verità i suoi cartelli? Lo chiedo a Voi perché non conosco ancora zone di produzione italiane dove si raccoglie uva da tavola in Aprile. Ma forse sono malinformato?? Osservare per credere o per contestare!!

lunedì 25 aprile 2011

La vera stagione delle fragole

Cosa vuol dire "frutta di stagione"? Per i meno giovani è scontato che si tratta del periodo nel quale una determinata specie si raccoglie dietro casa oppure al massimo all'interno di un cerchio che non comporta più di un giorno di trasporto per arrivare sugli scaffali dei nostri punti di vendita. I più giovani hanno meno contatto con il territorio e notano la presenza per esempio di fragole quasi tutto l'anno. Pertanto per loro è molto più difficile definire la vera stagione della frutta in generale e delle fragole in particolare. Pertanto sia per i giovani che per i meno giovani è bene aggiornare il concetto di stagionalità: Le fragole precoci in Italia sono coltivate tutte sotto tunnel di plastica che favoriscono una maturazione più precoce evitando basse temperature durante la notte e aumentando le massime durante il giorno. Al Sud le prime vengono raccolte anche a fine Febbraio, al Nord si deve aspettare la prima decade di Aprile. In seguito, a distanza di circa 3 settimane maturano le fragole a campo aperto e questa stagione si estende, al Nord, dai primi di Maggio a metà Giugno. Ci sono due eccezioni valide da molti anni: a grandi altitudini come in Trentino ed in Alto Adige le fragole maturano più lentamente e la stagione comprende anche i mesi di Luglio ed Agosto e nel Veneto c'è una specializzazione sulle varietà cosiddette "rifiorenti" che forniscono due raccolti: una più scarsa in primavera ed un'altra, tardiva, in Settembre/Ottobre. Ma molto recentemente si sono sviluppate produzione nelle montagne del Sud Italia (Sila) che possono offrire ottimi frutti anche nei mesi invernali di Novembre e Dicembre e così, utilizzando sapientemente tutte le tecniche produttive, tutte le latitudini e tutte le altitudini del nostra paese, possiamo adesso affermare di avere fragole di stagione tutto l'anno. Spingendo fortemente su questo concetto, una volta messe a punto tutte le esigenze della distribuzione, non ci sarà più bisogno di importare fragole Israeliane o Egiziane o anche tedesche o norvegesi "fuori stagione". Avremo sempre ampia scelta di belle fragole Italiane in ogni mese dell'anno. Il loro sapore dipenderà unicamente dal grado di maturazione al quale vengono raccolte. E qui potranno essere fatti importanti progressi invogliando consumi più consistenti offrendo fragole più dolci, più saporite.