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sabato 30 giugno 2012

Via libera a ESSELUNGA in Emilia

Un giudice ha si recentemnte inflitto una multa di oltre 4 milioni di euro al patron di Esselunga, Bernardo Cragnotti, per diffamazioini contenute nel famoso libro sul tema Falce e Martello,  ma con riferimento agli stessi contendenti l'antitrust ha adesso emesso una sentenza inimmaginabile ancora pochi anni fa: Ha condannato anche COOP ITALIA per comportamento anticoncorrenziale e le ha imposto di rimuovere ogni ostacolo nei confronti di Bernardo Caprotti fissando un limite di sei mesi a questa operazione.

L’articolo che entra nei dettagli della questione è pubblicato dal Corriere della Sera del 30 giugno a firma di Federico de Rosa e dice che Esselunga deve avere la libertà di aprire punti vendita dove lo ritiene interessante e precisa che si ritiene “ strettamente necessario che siano ripristinate condizioni simile a quelle che si sarebbero potuto riscontrare in assenza di infrazione”.

Il nuovo presidente Antitrust. Giovanni Pitruzzella, mostra così un ente sensibile al nuovo corso del governo Monti che tende a liberare la strade sempre più alla concorrenza e favorendo in questo modo anche gli interessi dei  consumatori.

giovedì 28 giugno 2012

GLOBALIZZAZIONE DEI COMMERCI AFFRETTATA



All'inizio degli anni '90 gli uomini di stato (fra i quali economisti come Prodi) che hanno impostato il calendario della caduta di tutte le barriere doganali a livello mondiale nel giro di 10 anni non hanno capito che in un così breve lasso di tempo le economie avanzate dell'occidente non potevano riorganizzarsi per continuare la produzione dei beni nei paesi tradizionali e che pertanto la produzione si doveva per forza spostare nei paesi che anche allora avevano costi di manodopera inferiori del 70-80-90 percento. Le conseguenze le vediamo bene oggi quando sopratutto l'EURO non regge l'urto e se non succede un miracolo, crolla come i capannoni sotto le ondate del terremoto in Emilia.

Discutendo di queste cose oggi con un collaboratore mi è venuto spontaneo un piccolo grafico che Vi riproduco. Si vede bene che per raggiungere il livellamento così presto le economie occidentali dovevano scendere velocemente verso la linea di un mondo che comunque è in continua ascesa. Bastava impostare le curve in modo giusto per evitare la traumatica discesa dell'occidente dando comunque l'opportunità di crescere alle economie emergenti.

C'è ancora tempo per raddrizzare queste linee?

















sabato 23 giugno 2012

La nostra generazione ha sbagliato tutto?

Il giorno 17 giugno 2012 ho formulato questo appello inviandolo al Corriere della Sera. Non è stato finora preso in considerazione ed allora lo affido al mio QUIFRUTTA per difonderlo anche via Twitter con l'aiuto di #generazioneEurofondatori

Egr. Sig. Direttore,

Ho quasi 75 anni e sono contento dei risultati complessivi della vita finora vissuta, facendo un onesto mestiere e mai occupandomi di politica.  Nel bilancio complessivo ha molto peso la mia famiglia e pertanto anche i 6 nipoti che avendo fra i 20 ed i 5 anni stanno crescendo e studiando ed iniziano a farsi domande ed ad andare a votare.

Per questo mi capita spesso di osservare il mondo che ci circonda con i loro occhi e capisco molti dei temi che i giovani sempre più spesso mettono in primo piano.  La situazione che vedono e che sentono è una situazione fallimentare ed il processo alla nostra generazione ne è una conseguenza:  Veniamo incolpati prima di avere scialacquato le risorse della terra ed inquinato l’ambiente in modo irreparabile.  Inoltre abbiamo, secondo questa versione, indebitato non solo noi stessi  ma anche la generazione futura vivendo al di sopra dello standard meritato e causando un crollo storico del sistema economico instaurato in questi ultimi decenni.



Posso accettare certe accuse e a nostra discolpa potrei anche trovare valide ragioni ma che nessuno della intellighenzia italiana o anche europea si impegni assiduamente a raccontare quanto invece anche di positivo abbiamo fatto e cioè quanto è  grande la creazione dell’Unione Europea (economica ma potenzialmente anche quella politica) non lo posso sopportare.

E’ vero che nel  20mo secolo l’uomo  ha pensato di poter costruire il paradiso in terra e siccome i seguaci di Lenin lo hanno fatto balenare in modo credibile per decenni,  anche il mondo occidentale ha creduto di dover fare delle prove continuando a costruire castelli di welfare realizzabili solo su pianeti dove non soffiano mai venti contrari. Neanche dopo il crollo del socialismo reale abbiamo cambiato rotta e siamo così arrivati alla resa dei conti, alla miseria che ci troviamo a vivere in questi anni.

Ma io che da bambino ho vissuto gli anni della guerra e che da ragazzo ho visto le macerie dalle quali ci si doveva rialzare, voglio gridare a gran voce in tutte le direzioni: " ragazzi, abbiamo perso tante ricchezze, tante certezze ma abbiamo ancora la cosa più grande che il nostro mondo, il mondo più civile mai esistito, ha realizzato: l’Europa senza confini, senza diatribe, senza fame, senza macerie, senza morti! L'Unione Europea. Un mondo non perfetto ma certamente interessante, umano ed in evoluzione.  Cerco aiuto per fare arrivare questo messaggio, questo unico e alto messaggio a tutti coloro che oggi dubitano dell’Euro, dell’ Unione Europea e del futuro in genere: è un’Unione Europea ancara da completare ma che ci farà trovare la giusta strada, ci farà tornare a forme di convivenza sostenibili e realizzabili. Non dobbiamo mai dimenticare che il bene più grande è la pace e l’Europa Unita è il più importante baluardo a difesa della pace Europea e Mondiale.

Ringrazio per ogni forma di sostegno che potrà dare convinto che anche Lei condivida queste  mie idee.

Cordialmente
Rolando Drahorad

domenica 10 giugno 2012

Marchi ortofrutticoli e conflitti d'interesse


Quest’inverno un lettore di questo mio blog ha inviato due contributi anonimi. Ha usato probabilmente questa forma perché trattava temi delicati facendo anche nomi. Generalmente questo tipo di prosa va nel cestino ma dopo lunga riflessione voglio qui riprendere il tema: l’utilizzo dei marchi ortofrutticoli una volta affermati.

Si affermava che per esempio Melinda, Sant’Orsola o anche altri smerciano in modo truffaldino merce non prodotta ne nei territori indicati ne allevata con i criteri indicati nei disciplinari e pertanto nelle promesse dell’offerta.

Quanto il lettore afferma è un problema vero che comunque è di antica origine. Le mele che per esempio vennero esportate in Germania dall’Alto Adige negli anni ’60-’70 da ditte del posto molte volte provenivano dal Veneto o anche dal Ferrarese. Le stesse ciliegie in partenza da Vignola all’inizio di stagione erano .

Nel frattempo sono stati sviluppati  e promossi marchi con tutte le caratteristiche di questo fenomeno:  un grande prodotto viene garantito con certe caratteristiche, presentato in modo ben riconoscibile e fatto conoscere ed apprezzare dal pubblico con l’aiuto di tutte le tecniche mediatiche oggi disponibili.

Che una marca una volta affermatasi con successo tenda ad attirare una clientela sempre più vasta è nelle logiche. L’industria  di beni di consumo non ha difficoltà ad aumentare i quantitativi man mano che la domanda cresce. Diversa è già la situazione dei prodotti dell’industria alimentare che deve reperire materia prima dove può e dove conviene (vedi l’esempio dell’olio d’oliva) ma ancora più difficile si presenta la situazione nel fresco che spesso fa leva sulla particolarità del territorio per spiegare l’eccellenza delle proprietà gustative (vedi l’esempio di Melinda).

Ritengo logico che il detentore di una marca cerchi di servire sempre più clienti per ottenere in questo modo economie di scala. Starà a lui di garantire la qualità intrinseca con la quale ha conquistato la fiducia dei consumatori ed andrà a scegliere in altre zone di produzione solo il prodotto che non tradisce nessuno. Per rispetto del cliente (oltre che delle leggi) non potrà dichiarare il falso circa l’origine della merce. Ma lo fa nel proprio interesse perché è teso a mantenere ed aumentare i consumi offrendo qualità costante.

Il nodo viene al pettine quando la marca è di proprietà di produttori agricoli e delle loro organizzazioni  legati a un territorio e finanziati dallo stato. A loro non sono permessi integrazioni con prodotti estranei al territorio e la marca del produttore agricolo non potrà pertanto sfruttare tutte le potenzialità che il mercato offrirebbe.  In questi casi si è trovato spesso l’espediente di una società trading con marchio molto affine a quello della marca originale (il detentore del vero marchio non protesterà certamente) e così si arriva ad alimentare mercati e catene distributive  con prodotti molto simili all’originale anche nelle stagioni che non sono quelle tipiche della propria produzione. Seguendo leggi di mercato.

Da quanto qui descritto si capisce che nella fase della commercializzazione si presentano per i produttori forti conflitti d’interesse: 1) se la loro marca commerciale ha successo trascinerà più domanda ma raramente c’è la possibilità di adeguare la produzione, 2) se non si utilizza lo strumento della marca non si ottiene prezzi remunerativi.  Si dovrà pertanto arrivare con il tempo a separare, com’è nella logica, le fasi produttive e quelle distributive dei prodotti agricoli e con essi le politiche di sostenimento della produzione agricola: i finanziamenti pubblici sosteranno tutte le fasi della produzione, la commercializzazione sarà nelle mani di chi di questo servizio ha fatto una professione. Con buona pace per chi con soldi pubblici finanzia i mercatini dei produttori.