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mercoledì 9 novembre 2011

Il Commercio, questo dimenticato


E' vero che nelle nostre economie e sopratutto nei prodotti freschi quello che una volta veniva descritto con il nome "commercio" è diventato servizio. Perchè tutte le fasi sono ormai talmente standardizzate che il rischio connesso con la "commercializzazione" è minimo e pertanto l'aspetto del servizio è diventato predominante. Oggi nei mercati europei tradizionali la GDO ha cambiato tutto ed è essa che premia il servizio ed impone i prezzi. Ricordiamoci però che fino a poco tempo fa si usava le parole "commercio al dettaglio" perchè effettivamente le operazioni della fase distributiva contenevano forti componenti legate ai prezzi ed alle trattative collegate.

Quando si parla invece di esportazione e sopratutto di mercati lontani o lontanissimi allora il fattore tecnico, quello che include tutte le fasi fra la raccolta del prodotto e l'immissione nello scaffale, perde d'importanza. Il fattore rischio e fiuto commerciale torna preminente anche perchè spesso i mercati dei paesi emergenti hanno un sistema distributivo legato alle vecchie regole.

Ecco perchè sopratutto nella situazione nella quale ci troviamo adesso, la scarsità di operatori commerciali forti si fa sentire. Le poche eccezioni ancora in campo dimostrano la validità di questa tesi e se ne sente la mancanza. I pochi paesi dell'emisfero nord che sono veramente attrezzati per il commercio ortofrutticolo d'oltremare (Olanda, Spagna, California) hanno conquistato i mercati sì con la qualità di prodotti e servizi ma anche grazie all'intraprendenza di una folta schiera di esportatori professionali pronti ad aprire nuove strade ovunque si presentavano speranze di margini di guadagno.

C'è anche qui una fase pionieristica che precede la conquista definitiva di forti quote di mercato, ma proprio questa fase è importante perchè si considerarla come le teste di ponte che permettono il dilagare delle truppe in una fase successiva. Laddove la distribuzione è ancora arretrata ed il rischio di contestazioni e mancati pagamenti è importante gli aspetti commerciali prevarranno ma man mano che anche in quei paesi i supermercati crescono l'approccio diventa più facile.

Non c'è dubbio che quella fase iniziale, pionieristica e di conquista non è molto congeniale a un organizzazione cooperativistica guidata da consigli di amministratori, direttori e sales managers. I produttori non capirebbero il perché di perdite causate da contestazioni o mancanti pagamenti che causa la forte concorrenza e la poca notorietà attuale del prodotto italiano non sono mai esigibili in anticipo. Il responsabile commerciale non rischia il suo posto di lavoro facilmente e così molti progetti di internazionalizzazione che oggi sarebbero possibili e doverosi rimangono nel cassetto.

Anche la grande convention chiamata Alleanza della Cooperazione Agricola Italiana tenutasi a Bologna il giorno 7 Novembre 2011 ha glissato su questo tema. Le proposte messe nero su bianco in quell' occasione parlano di premi alle cooperative che riescono ad aumentare la quota export del 5 % rispetto alla media dei 3 anni precedenti. Reclamano dalle autorità di affrontare con risolutezza l’annoso problema delle barriere fitosanitarie e doganali.

Sempre in campo di Internazionalizzazione viene proposta l’istituzione di una cabina di regia per il coordinamento dei soggetti pubblici responsabili della promozione dell’export e per la promozione si chiede con forza anche l’applicazione su scala mondiale del principio delle regole di accesso al mercato uguali per tutti per salvaguardare i prodotti con la certificazione dell’origine e risolvere il problema della reciprocità e delle contraffazioni.

Benissimo. Si tratta di regole ed incentivi. Sono queste le cose che le autorità devono fare, le cose che anche le grandi organizzazioni di produttori devono fare. Ma nessuno si è chiesto chi deve mettere in pratica il collocamento delle merci per esempio in USA, Brasile o in Cina. Chi deve prendere la valigetta e viaggiare, conoscendo tante lingue, ed individuare i clienti adatti. In seguito prendere in mano il telefono ed offrire merci a prezzi franco arrivo (CIF). Organizzare la logistica marittima, approntare la miriade di documenti ed aspettare l'incasso delle fatture dopo due o tre mesi.

Sarebbe bene pensare anche in questa direzione e cioè come coinvolgere chiunque in Italia ed all'estero abbia voglia di mettersi in gioco. Di commercianti in giro per l'Italia ce ne sono tanti, basta pensare alle regioni del sud o anche ai mercati all'ingrosso. Se a un buon numero di loro la cooperazione garantisse la messa a disposizione di merci di qualità, di marchi affermati al prezzo giusto nel giro di pochissimo tempo l'Italia potrebbe occupare quel posto che nel mondo le spetta: il posto di uno dei tre attori principali sui mercati globali. O ci si muove velocemente oppure si presenteranno paesi come la Turchia, Egitto o la Corea o la Cina ad offrire proprio quei prodotti che sono oggi il vanto della produzione ortofrutticola italiana: Kiwi, mele, pere, uva, arance, nettarine, susine, radicchio e tante altre.

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