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mercoledì 26 dicembre 2012

Monti propone Politica agricola di Pecoraro Scanio o D'Alemanno

Ho scorso velocemente la cosiddetta Agenda Monti e, a parte il fatto che per realizzarla non basterebbero due legislature, vedo confermato che quando si tratta di agricoltura (della quale nessuna ha mai la più pallida idea, l'unico sarebbe oggi, dopo anni di gavetta, l'ex ministro Paolo De Castro), ogni nuovo arrivato copia pari pari l'impostazione dei predecessori che pari pari prendono per buoni i suggerimenti delle organizzazioni professinali e delle alte cariche ministeriali, innovazione zero!



Ecco qui un estratto significativo dall'agenda:

"
Bisogna prendere misure per assicurare che agli agricoltori  non rimanga una quota troppo bassa  del valore aggiunto generato lungo le filiere agroalimentari, favorendo una maggiore aggregazione dell’offerta che dia agli agricoltori un adeguata forza contrattuale sul mercato ed eliminando intermediazioni inutili e parassitarie che sottraggono reddito"
COSA C'è MAI DI NUOVO QUI?
Dal mio osservatorio piuttosto completo vorrei segnalare che in certe regioni d'Italia le aggregazioni sono già giunte ai massimi livelli possibili (vedi per es. Emilia Romagna) senza risolvere assolutamente il problema della remunerazione insufficiente dell'agricoltore.  Inoltre le cosiddette intermediazioni inutili e parassitarie non esistono più da quando tutti i supermercati si raccordano direttamente con la produzione senza però riusciere a risparmiare una sola delle tante spese che vengono generate durante la vorticosa fase distributiva del fresco.
Un passaggio che segnala invece la giusta attenzione a un dettaglio non trascurabile è il seguente:

"E’ infine necessaria una  forte politica di sostegno all’export per imprese agricole ed industriali contando sul ruolo rafforzato dell’ICE per il settore"
Peccato che, almeno finora, nessuno abbia mai puntato sull'ICE per rilanciare veramente l'export ortofrutticolo italiano. Basterebbe armare questo valido ente con le giuste munizioni, come lo si fece  dopo lo scandolo del Metanolo nel campo del vino, per poter sperare in un'inversione della tendenza disastrosa degli ultimi 2 decenni.






lunedì 24 dicembre 2012

Ormai ci sono pochi dubbi: Bruno Di Lenardo si è suicidato

La notizia più completa l'ho trovata sul sito del MATTINO DI PADOVA del 24 dicembre. Qui di seguito il link completo:
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2012/12/24/news/bruno-un-uomo-perbene-in-famiglia-e-nel-lavoro-1.6249118

La notizia mi ha colpito profondamente perchè il nome dei DI LENARDO faceva parte della mia formazione professionale. A Monaco di Baviera, dove infatti nel 1957 lavoravo sul mercato all'ingrosso come stagista per quasi un anno, già operava una delle ditte che portavano questo nome DI LENARDO. Si sapeva che la casa madre era di Padova e che una ditta dello stesso nome e della stessa famiglia esisteva anche in Austria. Non ho mai avuto occasione di conoscere Bruno personalmente ma i contatti per lavoro non sono mancati in questi anni. Le conseguenze di questo disastro non sono ancora misurabili ma non c'è dubbio che il settore della distribuzione dell'ortofrutta fresca ha perso un grande protagonista. Rimane la speranza che il testimone possa essere trasmesso alle future generazioni perchè un nome affermatosi nel corso di oltre 100 anni diventando un vero e proprio brand non può sciogliersi come neve al sole per la prematura scomparsa del suo leader.

Con questo augurio dobbiamo cercare di guardare il futuro con ottimismo nonostante tutto sperando che il 2013 possa regalare tempi più facili alla famiglia ed a tutti gli interessati.

Bruno Di Lenardo trovato morto

Stamattina, vigilia di Natale, si sono diffuse le prime notizie della morte del 52enne Bruno Dilenardo, titolare della storica ditta DI LENARDO SPA di Padova.


Il giorno 22 di dicembre un importante rogo aveva distrutto parte degli stabilimenti della ditta e questo potrebbe aver indotto Dilenardo a commettere suicidio. Lo sfortunato imprenditore avrebbe lasciato lettere che potranno aiutare a chiarire i motivi di un eventuale gesto di questa gravità.

Il mondo della commercializzazione ortofrutticola italiana, già colpito dagli attacchi alla ditta siciliana Panitteri (ricordiamo il recente rogo di 6 bilici come probabile atto dimostrativo della malavita), rimane attonito di fronte a questa ennesima tragedia e si stringe intorno alla famiglia Dilenardo con sentito cordoglio.

giovedì 20 dicembre 2012

L'immagine sbiadita della frutta, che brutta "figura"


Nota successiva alla pubblicazione: Su segnalazione di un lettore ho precisato che la fusione fra organizzazioni professionali nel caso di ITALIA ORTOFRUTTA non ha interessato  Uiapoa e Unaproa ma UIAPOA e UNACOA. Unaproa collabora comunque con Italia Ortofrutta presentando un documento comune in merito alla prossima riforma OCM Unica.
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La situazione del settore ortofrutticolo italiano è drammatica. Stretto fra la concorrenza di paesi low cost (vedi oggi Marocco) e consumi interni che calano l’uscita di sicurezza sarebbe l’export. Purtroppo anche questo, che in quasi tutto l’agroalimentare italiano “tira”, trova quasi tutte le porte sbarrate.


La stagione invernale in corso con le sue contraddizioni non permetterà un giudizio nitido e condiviso perché se anche i prezzi quotati in chilogrammi non figureranno male, il ricavo a ettaro sarà ancora in calo per via della scarsa resa per ettaro.



La strada per rimontare sarà lunga e tortuosa e bisognerà mettere in campo tutte le armi oggi a disposizione della concorrenza e quindi anche nostra.


L’immagine dell’ortofrutta

Una ripresa vera di tutta l’ortofrutta, ma soprattutto della frutta fresca non potrà fare a meno di un nuovo indirizzo culturale. Al momento attuale l’immagine della frutta è ancora ai livelli minimi. Potremmo rassomigliarla a quella del vino ante scandalo Metanolo. Allora il vino era un prodotto di massa, di bassa qualità,di basso prezzo ed anche i consumatori erano poco considerati.

Con l’aiuto di Veronelli e dell’ICE le cose cambiarono rapidamente: Luigi Veronelli diede smalto e status al vino ed elevò i bevitori alla stregua di gourmet ad altissimi livelli. L’ICE concentrò tutte le sue forze, le sue strutture globali e probabilmente anche gran parte delle risorse finanziarie per promuovere la bevanda italiana in ogni angolo della terra.

Nel giro di relativamente pochi anni le sorti del vino conobbero successi ed in seguito anche conquiste inimmaginabili solo uno o due lustri prima. Questo nonostante il vino come fattore salutistico sia ben lontano da quello dell’ortofrutta. L’immagine del vino è salito al settimo cielo apprezzato e sostenuto dalle giovani generazioni quasi più che da quelle precedenti.

Un esempio sia il fatto che mentre i giornalisti specializzati in ortofrutta si contano sulle dita di una mano quelli impegnati nel vino sono migliaia. Non solo: mentre quasi nessuno dei pochi scrive articoli sull’ortofrutta su giornali e riviste gratis e per passione quelli del vino si cementano gratis e con passione su centinaia di prodotti cartacei e migliaia di blog in Internet.

L’immagine dell’ortofrutta è al momento è quella di un prodotto povero, difficile, privo di garanzie, poco attraente in fatto di gusto. E’ anche poco spiegato, poco pubblicizzato, poco promosso ed ergo poco considerato. Di conseguenza ogni prezzo viene considerato esagerato. L’enfasi sulla scarsa remunerazione del produttore che ben che vada riesce ad incassare solo il 17-19 % f il resto.

All’estero le cose non vanno meglio. I prodotti agroalimentari italiani godono di ottima reputazione, tant’è vero che spesso vengono imitati o subiscono la concorrenza di prodotti locali commercializzati con marchi “italiansounding”. Per l’ortofrutta niente di tutto questo. Quasi tutto viene considerato alla stregua di commodity (e quasi sempre lo è) dove i prezzi ed i servizi a supporto sono i fattori predominante.


ORTOFRUTTA D’ITALIA
L’unico organismo esistenti in Italia che possa almeno tentare di orientare la percezione del grande pubblico prima Italiano e poi Estero è Ortofrutta d’Italia, un ente nato come costola del CSO di Ferrara che raggruppa già adesso una ventina fra i commercializza tori più importanti del paese includendo una gran parte delle specie importanti nell’assortimento di un punto vendita al dettaglio.

 E’ un organismo vicino al consumatore del quale cerca di capire le esigenze. E’ pertanto anche attrezzato per parlare al consumatore finale che sempre più deve diventare l’ispiratore delle politiche agricole e tecniche della distribuzione.

Potrebbe essere compito di Ortofrutta d’Italia del CSO di Ferrara(da non confondere con la quasi omonima ITALIA ORTOFRUTTA, organizzazione sindacale nata dalla fusione fra le preesistenti organizzazioni professionali Uiapoa e Unaproa, produttori ancora poco orientati al mercato (vedi correzione).

Ortofrutta’Italia dovrebbe trovare la forza di investire nell’immagine dell’ortofrutta italiana nel suo insieme anche se un allargamento della compagine sociale si renderebbe necessaria per inglobare strada facendo tutte le specie più coltivate lungo i variegati climi dello stivale italico.

Non vedo perchè non si debba poter essere orgogliosi di trattare l'ortofrutta quando supermercati efficienti usano l'ortofrutta non solo per attirare clienti attraverso un posizionamento ben visibile vicino all'entrata ma confezionano d'alberello degli Auguri di Natale con un'immagine fatta di tante arance impilate una sopra l'altra con una scintillante stella all'apice

Personalmente uso l'argomento della salute quando cerco di convincere un giovane di entrare nel mio staff. In genere il settore non li attrae più di tanto perchè da un lato pensano all'agricoltore come uomo che gira tutto il giorno con gli stivaloni addosso e dall'altro lato l'immagine del cibo più utile che buono non convince. Devono però darmi ragione quando elenco i pregi di lavorare in un ambiente sano che tratta merci sane. Merci che non danneggiano la salute ma anzi la migliorano, merci che non generano dipendenza come invece lo fanno tante altre tipologie. Anche il fatto di essere presenti su tutti i mercati del mondo (il kiwi ne raggiunge già 70) è utilizzabile per aiutare il vissuto del singolo candidato.

E necessario che qualcuno si dia da fare perchè non succeda mai più che un grande dell'agroalimentare italiano come il Sig. Guido Barilla, titolare dell'omonima società BARILLA SPA di Parma, non sappia che l'Italia sia uno dei massimi produttori di kiwi e che lo si esporta in tutto il mondo. Anche persone come lui devono un giorno aiutarci a dare un tono ai nostri prodotti che come contenuti di tecnologia non sono secondi a nessuno. Ma non lo potranno fare se nessuno di noi interessati li informa!!






Marocco: uno tsunami di pomodoro sull'Europa

Dal  15 di Dicembre 2012 i pomodori del Marocco mettono in ginocchio tutto il mercato europeo trascinando con un surplus di arrivi i prezzi verso abbissi finora impensabili.

Il tutto consguenza delle decisioni della commissione U.E. di estendere anche ai prodotti ortofrutticoli il libero accesso alle produzioni marocchine.



A nullla è valso l'appassionato impegno di Paolo de Castro, ex ministro italiano delle politiche agricole ed adesso presidente della commissione Agricoltura e Sviluppo del parlamento europeo di Strassburgo.

Ecco qui il mio posto del 31 Gennaio che testimonia l'impegno di De Castro e dell'Italia agricola tutta affinchè questa decisione sciagurataq (per orticoltura italiana e non solo) non potesse passare. Purtroppo però poche settimane dopo il provvedimento ha avuto il via libera di Bruxelles con le conseguenze che abbiamo più sopra descritto:

POST di inizio anno:
STOP AL MAROCCO SI O NO ?
Da tempo si è scatenata la querelle sollevata dai propositi della commissione dell'Unione Europea ad aprire ai prodotti del Marocco mediante un trattato ad hoc per quel paese. Non c'è dubbio che i prodotti marocchini hanno conquistato importanti quote di mercati in molte specie fin da quando negli anni '60 i tedeschi si sono accorti che le arance di quel paese, già alora commercializzate sotto il marchio MAROC erano fra le migliore del mondo.
tutto il mercato europeo ....  (vedi il post su questo blog in data 31 Gennaio)

martedì 11 dicembre 2012

DELLA CASA SHOW all'auditorium del SOLE24ORE di Milano

Con riferimento all'evento dell'anno ortofrutticolo, il convegno MARK UP di Milano, pubblico qui una lettera  indirizzatami da un amico che credo sia molto utile a noi del mondo chiuso e autoreferenziale dell'ortofrutta. Io avevo dato giudizi positivi del contenuto anche se qualche malalingua aveva già commentato che gli eventi degli anni precedenti erano stati migliori....

"Caro Rolando,

Mi frullano in mente molte riflessioni dopo giovedì che volevo trovare il tempo 
di scriverti, anche solo per condividerle con te per puro piacere, ma che non sono riuscito a fare causa lavoro. Nel mondo che ho frequentato sino ad ora, solo nella ristorazione ho più o meno visto qualcosa del genere, anche se con connotazioni diverse. Nel mondo del vino, per addetti ai lavori, quel format non esiste e questo se ci penso è strano. Forse non esiste un Della Casa nel mondo del vino? Può essere.


Roberto Della Casa ed i suoi ospiti

Per inciso: Della Casa ha citato spesso il mondo del vino e il produttore Gaja in particolare, ma lui non può essere un modello per il mondo dell'ortofrutta. Della Casa l'ha citato come esempio di un produttore che ha valorizzato un territorio, quando è esattamente il contrario. Gaja ha venduto in tutti questi anni sé stesso, il proprio brand, un brand di lusso. Anzi, anni fa cercò di stravolgere il disciplinare di produzione del Barbaresco per piegarlo alla moda di allora, ma per fortuna non glielo lasciarono fare i produttori della zona. E, dico io, per fortuna.
Comunque, il punto è che allo show di Della Casa (per me giovedì, più che un convegno corale del mondo dell'ortofrutta, è andato in scena qualcosa di simile alle presentazioni della Apple, pur con le dovute differenze, che non un consesso del settore ortofrutta) ciò che è mancato è il punto di vista del dettaglio. C'era la gdo (Tassinari), la parte istituzionale governativa, la produzione (De Ponti), il sindacato (Coldiretti). Mancava sul palco un rappresentante di più del 40% del mercato ortofrutticolo. Perché?
A me poi l'intervento di Tassinari ha lasciato molto perplesso: ha travisato completamente Latouche (lo ha citato a sproposito, banalizzando un autore discutibile, ma che non si può liquidare con un semplice battuta, soprattutto per il concetto di decrescita felice è contestabile, ma se lo fa un esponente soprattutto di sinistra come lui, o lo fa bene o altrimenti diventa attaccabile. Per altro non riusciva neanche a pronunciarlo nel modo corretto). Sul resto Tassinari non ha detto molto: sono in crisi e preoccupati, e questo già lo sapevamo, è scettico sull'articolo 62, e anche questo già lo sapevamo, ha detto che il valore della sostenibilità declinato in modo ampio è un valore che deve essere comunicato meglio, però non ha detto come.
Io, fossi stato in Della Casa, glielo avrei chiesto: si riesce con la simpatica Littizetto come testimonial? Se, come ha mostrato dai suoi dati Della Casa, un consumatore, quando acquista la frutta e la verdura nella gdo guarda prima di tutto ancora all'aspetto esteriore e poi il prezzo, forse non è il caso di dover rivedere il modello con il quale la gdo espone e propone l'ortofrutta?
Parliamo di sostenibilità e poi la gente preferisce prendere le banane in vaschetta e non sfuse. Perché? Perché come ha detto Della Casa si conservano meglio e maturano prima? Dubito, la massaia, mia madre, non le sa queste cose. Io le compro in vaschetta perché ho sempre fretta quando vado al super e mi scoccia pesare le banane e mettergli su il prezzo. Arrivato a casa la vaschetta la butto subito. Tutto ciò non è sostenibile, sono io il primo a rendermene conto.
Insomma, nonostante della Casa abbia dimostrato, e probabilmente i presenti lo sapevano già tutti, di essere un ottimo comunicatore, di essere iper competente e informato, di saper calcare la scena di un palco tenendo viva l'attenzione per 3 ore, un grande da questo punto di vista, non era forse il caso di lasciare più spazio agli ospiti, magari incalzandoli un po' di più?
Ciao.
lettera firmata"

mercoledì 5 dicembre 2012

BARILLA - Terza Parte rapporto 4° INTERNATIONAL FORUM - MILANO III

La terza parte del mio reportage da Milano:

IL TEMA DELLO SRPECO


Anche in questo consesso si parla di un 30-35 % di cibo sprecato. Si fa presente che insieme al cibo si spreca anche le risorse naturali che lo hanno prodotto: acqua, terra, investimenti ecc. Molto viene buttato nelle case, una certa percentuale anche lungo la filiera. Ma secondo il relatore Jan Lundquist, dello svedese Water Institute, non è il supermercato il colpevole, anzi, spreca pochissimo, delle volte anche meno dell’uno percento.

I tre totem dello spreco sarebbero: carrello della pesa, il frigorifero, il bidone della spazzatura. “Con quanto viene spreca oggi in USA ed in Europa si potrebbe alimentare 3 volte il resto della popolazione mondiale”.

Lundquist incita anche a ridurre il consumo di carne, soprattutto nelle nostre economie progredite.

I componenti del panel sono 4 signore, tutte molto agguerrite ed un solo maschio: Andrea Segrè, presidente del LAST MINUTE MARKET.




Carolyn Steel

Danielle Nierenberg



Brevemente un riassunte delle varie affermazioni:

Al World Food Summit del 1974 era stato preso l’impegno di ridurre in 10 anni gli 800.000 bimbi sottoalimentati di allora a zero. Nel 1995 si era arrivati a 500.000 ma in seguito è ripartita la crescita. Tre sono i fattori strategici del problema: la disponibilità di cibo, l’accessibilità, assorbimento di calorie.

La produzione mondiale è largamente sufficiente e comporterebbe disponibilità per 4000-5000 calorie per persona. C’è quindi un gap enorme fra produzione e distribuzione (ogni caloria prodotta richiede un litro di acqua e quindi in media ogni essere umano consuma teoricamente 4000-5000 litre d’acqua).

DA non trascurare il fatto che ormai un terzo dei prodotti alimentari serve per nutrire animali domestici.

La mappa del globo qui riprodotta è stata mostrata per indicare le aree dove nel 2050 non ci sarà più disponibilità di acqua. Da non dimenticare che le previsioni sono di un incremento delle temperature del pianeta di 4 ° ancora entro questo secolo.




In Danimarca da privati con l’aiuto di social media è stata iniziata una campagna denominata “STOP WASTING FOOD DENMARK che sembra avere successo e che anche in altri paesi si sta difondendo.

Viene spiegata l’iniziativa italiana del Last Minute Market che aiuta ad evitare che cibo ancora buono e non scaduto non finisca nel rusco. Si tratta di una ONLUS che con l’aiuto di volontari raccoglie le confezioni vicine alla scadenza che la GDO scarta per avviarle verso organizzazioni caritatevoli.

Viene presentato un innovativo sacco di plastica pensato soprattutto per l’Africa che permette di conservare cibo più a lungo.

E’ giusto segnalare una citazione veramente allarmante: Noi viviamo ormai nell’era POST WATER and POST SOIL. Sta però di fatto che il cibo è lontano dall’uomo moderno che non sa ne dove ne come viene prodotto. E’ venuto a mancare il rapporto reale con le fonti ed i mezzi di produzione

E’ stato molto stigmatizzato l’abitudine della GDO di offrire il 3x2. Servirebbe solo a portare a casa più di quanto si riesce a consumare. Si fa pressione affinché lo sconto sia incorporato nel prezzo al kilo o a confezione.

E’ positive che anche molti blogger nel frattempo parlano dello spreco di cibo. Si tratta di nuove forme di protesta che non si materializzano con lunghe file di persone davanti ai negozi con grandi cartelli ma che comunque influenzano il comportamento della gente.

Da qualcuno viene suggerito maggior uso di punti vendita più vicini come i farmers markets, i mercati rionali, gli acquisti online. Soprattutto sarebbe sempre giusto fare la lista della spesa prima di frequentare un punto vendita per evitare di fare acquisti d’impulso che non sempre sono giustificati.

Alla fine insieme all’incitamento di mangiare sempre quello che si compra viene ricordato che non mangiamo per noi ma per tutto il pianeta. Penso che il senso sia quello che quel che non mangiamo noi rimane per altri (distribuzione permettendo!)





martedì 4 dicembre 2012

UNA GIORNATA AL BARILLA FORUM DI MILANO - II

2a PARTE 2012

Relatore RICHARD WATSON, Scrittore e “pianificatore di scenari”:

Vedere l’alimentazione sotto tanti aspetti: Anche in relazione all’evoluzione del consumo del cibo bisogna farsi le famose cinque domande della W: Who, What, When, Where, Why.

Una delle cose che emerge con grande evidenza è il vertiginoso aumentare del ritmo dell’assunzione dei pasti. La gente dedica sempre meno tempo al processo del mangiare e considera molto anche un minuto di attesa a un Mc Donald.. Fa l’esempio di esperimenti di una catena di drive-in che scannano con il laser i clienti quando in macchina si trovano ancora lontani dalla postazione ed arrivano ad avere già pronto quel piatto che quei dati clienti chiederanno quando faranno la loro richiesta alla cassa.




Il moderatore Alex Thomson di Channel 4 News, insieme a Guido Barilla (destra) ed il rettore del'università Bocconi Andrea Sironi (sinistra)

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D’altra parte c’è il fatto che il cibo è anche più di sola alimentazione. Aiuta a socializzare, rassicura le persone che hanno paura o che sono ansiose, anche attraverso una maggiore localizzazione. Da qui il trend in crescita ovunque di rifornirsi in farmers markets e con l’aiuto di roof gardens.

Si arriverà a packaging che incorpora video che ci illustrano quanto c’è di interessante intorno a un dato alimento.

Nel 2030 sarà al massimo l’attenzione alla sostenibilità, alla localizzazione ed all’attenzione alla salute. Senz’ombra di dubbio si mangerà meno.



Watson arriva ad essere ottimista dopo essere passato dal pessimismo più nero possibile: dice infatti che , anche se quando si tratta di cibo è il cuore a guidare la scelta e non la mente, alla fine sarà la paura davanti alle conseguenze di tutti questi scenari catastrofici a convincere la maggioranza delle persone a comportarsi in modo razionale ed ad accettare di cambiare il futuro

“Per mantenere infatti il precedente stile di vita l’umanità avrebbe bisogno di avere a disposizione 3 (tre) pianeti!”

TAVOLA ROTONDA con Guido Barilla ed esponenti di Danone, Coca Cola ed alti dirigenti di enti preposti all’amministrazione, alla ricerca, ed a centri internazionali per la nutrizione.

Coca Cola accetta la localizzazione e si definisce una ditta “local global”. In Australia ha già iniziato ad allearsi con produttori locali di riconosciuta alta qualità. Vuole venir incontro all’ansia diffusa e crescente fra i clienti che per esempio vogliono evitare troppi prodotti chimici nel cibo.

Viene affermato che i produttori di alimenti in fatto di sicurezza hanno una doppia responsabilità:

Devono informarsi e conoscere i processi e migliorare i prodotti , devono stilare priorità e predefinire il concetto di “sicurezza”. Devono arrivare a generare informazione e poi anche a distribuirla. Il tutto per permettere alla singola persona di scegliere bene.

Gli operatori devono seguire quanto la gente pensa di volere, devono dare risposte alle loro esigenze. Devono pertanto capire i bisogni per poi elaborare modelli alimentari e modalità di consumi.

Non uno di noi, ma tutti, tutti i paesi, anche i loro governi, l’industria, ecc. devono attivarsi perché solo coralmente si potranno trovare risposte.



domenica 2 dicembre 2012

UNA GIORNATA AL INTERNATIONAL FORUM - Barilla Center

Descrivo qui per dilettanti la mia giornata al 4° International Forum on Food and Nutrition sperando di poter comunicare da dilettante tutto l’entusiasmo che mi ha procurato l’evento.

Il mio mestiere è promuovere e vendere ortofrutta sui mercati internazionali e sapevo che questo Forum era uno dei passi che la Barilla con il suo BARILLA CENTER  sta facendo in vista di EXPO Milano 2015.

Anche l’ortofrutta fresca sta diventando, con l’aiuto di tecniche di conservazione e di trasporto, un prodotto con il quale raggiungere tutti i mercati del pianeta e per questo l’insegna cubitale che saluta il visitatore del FOOD PEOLPLE PLANET è di buon auspicio ed in tema.

La vastità di dati comunicati in due giorni da 52 relatori è tale che è impossibile concentrare anche solo le cose più importanti in poche righe. Tenterò di farlo andando quasi per titoli, parlando solo delle cose che mi hanno colpito appunto da dilettante:

In una specie di Centro Congressi molto capiente è rappresentato quasi tutto il mondo, sia come relatori ma anche come audience. I temi sono imperniati genericamente sul cibo, sulla nutrizione e sulla sostenibilità delle produzioni e spaziano dalla demografia al clima, dalla’acqua alla scarsità di cibo, dai problemi di obesità a quelli dell’energia. Per finire con gli sprechi.




Relatore JANEZ POTOCNIK, commissario per l’ambiente dell’U.E.: 
Alcuni fatti forniti da Janez sono veramente shoccanti e ne elenco qui alcune alla rinfusa:  ogni giorno la popolazione mondiale cresce di 219.000 unità!,  per ottenere una caloria di cibo occorre 1 litro di a acqua ma siccome il 30 % del cibo prodotto viene sprecato lunga la filiera ed a casa, una persona che mangia 2000 calorie consuma da 3.000 a 4.000 litri di acqua (infatti l’acqua non viene più considerata un bene liberamente disponibile).  Da qui la previsione che l’alimentazione del pianeta nei prossimi decenni si sposterà sempre più dal riso ai cereali perché questi ultimi hanno bisogno di molto meno acqua.
I prezzi per le materie prime alimentari continueranno ad aumentare nel corso degli anni e da questo derivano già oggi cenni di rivolte del pane (Tunisia?)

Relatore LESTER BROWN, fondatore e presidente dell’ Earth Policy Institute, USA
Ha parlato della scarsità di acqua nel futuro: Per produrre cibo c’è bisogno di acqua, Cina, India ed USA da soli producono la metà dei cereali del mondo. In USA in questi ultimi anni sono venuti a mancare il 15 % di acqua per irrigazione. La Cina importa il 60 % del suo fabbisogno di Soya beens.

Il cambio del clima è sott’osservazione: ogni grado di aumento di temperatura comporta il 10 % di calo di pioggia. A questo si aggiunge il fenomeno del dust fall, la caduta di polveri sottili,  che in certe aeree, per esempio nel Nord della Cina, influenzano negativamente le produzioni vegetali. Ci dice testualmente “water is no longer a free resource”, l’acqua non è più da considerarsi una risorsa libera.
“ Nella storia nessun popola che ha distrutto le sue risorse naturali è sopravissuto, noi ci stiamo arrivando se non cambiamo passo presto”
Sviluppando questi discorsi Lester Brown invoca una radicale “ristrutturazione” delle fonti energetiche  e racconta della Cina che sta costruendo 8 centrali nucleari della capacità di 20.000 Megawat l’una, totale 120.000 Megawat. E pensare che una sola basterebbe a rifornire un paese grande come la Polonia per un anno! Afferma anche che questo problema lo deve risolvere la nostra generazione perché se aspettiamo la prossima sarà già troppo tardi!
Più tardi abbiamo imparato dalla viva voce  di Guido Barilla che a favore della nostra dieta sta il fatto che  la produzione di frutta, verdura e di prodotti su base di cereali hanno il più basso impatto sull’ambiente.................. continua nei prossimi 2 post.

mercoledì 28 novembre 2012

GUIDO BARILLA : i tre grandi paradossi nella nutrizione mondiale

Ci sono tre paradossi gravi che bisogna affrontare. Lo afferma Guido Barilla che ha aperto stamattina il 4. International Forum on Food and Nutrition organizzato presso l'Università Bocconi di Milano dal Barilla Center for food and nutrition.

In non più di 5 minuti ha messo il dito nella piaga e concentrato l'attenzione di tutti i presenti ma anche di decine di migliaia di persone e specialisti che possono seguire da lontano l'evento con l'aiuto dello streaming in Internet.


Ecco i paradossi:

1) Lo squilibro fra chi mangia toppo poco e chi mangia troppo.  1 miliardo di persone non ha accesso a sufficiente cibo mentre un numero quasi identico corre pericoli di pandemia per eccesso di cibo con conseguente aggravarsi di malattie invalidanti come il diabete, i tumori e le disfunzioni del sistema cardiovascolare.

2) Il fatto che per la prima volta uomini ed animali devono conbattere insieme contro un comune nemico per sfamarsi. Troppi prodotti agricoli vengono infatti utilizzati per fabbricare biocarburanti. Un esempio sono gli Stati Uniti dove il 45 % del mais viene trasformato in energia

3) Un quantitativo enorme di prodotti alimentari finisce nella spazzatura dopo essere stato prodotto. Il pianeta produce anche oggi abbastanza cibo per sfamare i suoi 7 miliardi di abitanti  ma circa un terzo del totale non arriva al suo destino.

Guido Barilla ha concluso affermando che tutti si devono far carico di questo problema perché nessuna singola persona ne nessun paese da solo riusciranno a dare risposte: "La situazione è veramente paradossale quando è di dominio pubblico che frutta, verdura e prodotti a base di cereali generano il più basso impatto sull’ambiente".

Anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che è stato fra i primi a porgere il saluto all’audience ha ripreso il tema della spazzatura quando ha testimoniato che “ nelle sole mense scolastiche di Milano vengono annualmente sprecate 140 tonnellate di cibi”.



Pronto il lancio della ciliegia Igp: fondi e un consorzio


Riporto qui un articolo a firma di A.M. che domani sarà pubblicato sulla "Gazzetta di Modena"


Il consorzio di Vignola è stato il primo a sviluppare ed a promuovere un proprio brand nei lontani anni '60 ma è uno degli ultimi a essersi deciso a sottostare alle regole ferree dell'IGP (indicazione geografica protetta)



VIGNOLA Per la ciliegia di Vignola Igp ora al via la “fase 2” per il lancio del prodotto certificato, dopo il riconoscimento europeo. A un consorzio di tutela certificazione del prodotto e lotta alla contraffazione. Pronto anche un fondo per l'adeguamento delle aziende agricole, mentre l'Unione Terre di Castelli potrebbe chiedere la delega sull'agricoltura. Ora che c'è l'Igp «occorrerà lavorare alla garanzia del prodotto sul mercato - commenta l'assessore provinciale all'Agricoltura, Giandomenico Tomei - perché garantire il prodotto è la forza più importante per un'industria come questa che lavora a cielo aperto». Valido questo soprattutto per la ciliegia che negli ultimi anni ha avuto grossi cali di produzione a causa di piogge abbondanti tra maggio e giugno. Da qui a breve alcune tappe obbligate, a partire dalla creazione di un consorzio di tutela del prodotto che nascerà dall'attuale Consorzio della Ciliegia. Con la sede operativa nel mercato ortofrutticolo di Vignola, la

sua casa sarà al Palatipico della Camera di Commercio di Modena, dove hanno sede i consorzi dei prodotti Dop e Igp. Compito del nuovo organismo i controlli per certificare il prodotto degli agricoltori che vorranno il marchio e la lotta alla contraffazione. Per i produttori di ciliegie modenesi pronto un fondo triennale da 120mila euro l'anno, di questi 40mila vengono dal Comune di Vignola, il resto dagli altri comuni di Modena che cadono nel disciplinare, in proporzione alla produzione. A breve verrà proposto di entrare nel fondo anche ai Comuni del disciplinare in provincia di Bologna. Questi soldi serviranno per le spese di adeguamento dei produttori che vorranno fregiarsi del marchio a Indicazione Geografica Protetta. Ma pesa l'incognita sul riordino amministrativo. «A gennaio - spiega Daria Denti, presidente dell'Unione Terre di Castelli - ci sarà il riordino delle provincie e servirà dalla Regione un impegno forte per gli agricoltori». Da anni gli unici fondi sono dell

a Ue gestiti dalle Regioni; i produttori di ciliegie spesso non riescono ad accedere ai bandi perché di dimensioni ridotte. «Se la Regione non tutelerà anche i nostri produttori - chiude la Denti - potremmo arrivare a chiedere che la delega all'agricoltura passi all'Unione». Il 20 dicembre consiglio dell'Unione straordinario sull’argomento. (a.m.)

domenica 25 novembre 2012

LA TERZA REPUBBLICA BASA SUL SAPERE ?


E' vero che negli anni recenti la politica ha subito le imposizioni dei mercati e Internet ha dato una mano a diffondere nuove libertà ma è anche vero che dopo decenni di stordimenti ideologici la cruda verità si fa strada.

Alla ricerca delle cause delle crisi sovrapposte a vari livelli e con l'annacquamento della ricchezza in seguito all'entrata della Cina e di tanti altri paesi sottosviluppati nell'ambito della WTO ci si affida più di prima, sopratutto in Italia, alle cifre ed alla sostanza delle cose.

Non mi ricordo infatti di aver vissuto nella mia ormai lunga vita un periodo così ricco di studi, di dati, di spiegazioni e di ampia discussione dei fatti economici come dal fallimento della Lehman Brothers in poi. Il tutto sempre ampiamente diffuso e largamente discusso non solo da esperti ma anche dal grande pubblico.


Cade Prodi, torna Berlusconi, cacciato Fini, ultimo trionfo delle ubriacature ideologiche: sinistra, destra, liberalismo, socialismo, regionalismi, nazionalismi, tutto nel giro di pochi anni viene spazzato via dai fallimenti delle vecchie impostazioni.

Emerge la forza finanziaria della Germania, la forza bruta dei cinesi, la relativa debolezza di tutta l’Europa messasi a sedere sugli allori del welfare costruito sui debiti nella maggior parte degli stati. Si aggiunga anche la relativa debolezza degli Stati Uniti anche loro appesantiti da un debito enorme. Il risultato si presenta come un grave infarto alla circolazione delle merci e dei capitali con conseguenze globali.
Mario Monti
Mario Draghi












Il vero sapere, sepolto finora, almeno in Italia,  nelle torri d’avorio delle università italiane, viene chiamato al capezzale del malato grave ed ecco che appare sulla scena Mario Monti, massima espressione sia delle università italiane come della nomenclatura dell'unione europea. Viene accettato dalla politica ed ancora di più dal paese come unica soluzione ai tanti problemi accumulatisi in anni di delirio amministrativo (come si potrebbe spiegare altrimenti un debito come quello italiano che ammonta al 125 % del PIL nazionale e pertanto produce un debito di oltre 30.000 euro per ogni essere vivente su suolo italiano).

Ma insieme a Mario Monti c’è tutto uno stuolo di professori universitari ed altri tecnici ad occuparsi delle vicende dello stato affrontandoli con gli strumenti della scienza piuttosto che con quelli della politica o dei sentimenti. Anche alla BCE arriva un uomo, Mario Draghi, che non si lascia influenzare da ismi  di alcun genere.

Con loro arriva anche un’approfondita discussione a tutti i livelli della popolazione che finalmente si occupa anche dell’economia spicciola visto che vengono a mancare i pasti negli asili ed i finanziamenti agli ospedali. Per dir la verità la categoria che meno si adatta ai cambiamenti epocali è quella dei giornalisti che, mancando spesso la cultura economica ed anche le frequentazioni internazionali (quanti di loro li vedete in giro per il mondo con il microfono in mano ad intervistare personaggi cruciali in lingua inglese se non nella loro lingua?) non sono all'altezza della situazione.

Ma qui non è finita: Le nuove leve nei partiti (anche nel Movimento 5 Stelle) sono quasi tutte laureate e parlano un linguaggio molto più pratico di quello dei loro predecessori. Molti di loro provengono dalle università perché capiscono che è finalmente arrivato il loro momento, il momento che al di sopra delle ideologie è richiesto il sapere, il pragmatico applicare delle regole studiate a tavolino.

Il sapere, anche trasversale, che oggi viene facilitato e quasi imposto dall’onnipresente information tecnology, potrà più facilmente sviluppare i suoi effetti benefici.

Mafia, ndrangheta ed altra varia malavita permettendo si può sperare che alla fine del tunnel fra qualche anno sia possibile vivere in un mondo meno nebuloso e più condiviso. In una nazione dove l’illusoria uguaglianza non viene programma dall’alto ma nel quale gli ascensori sociali siano pienamente funzionanti, abbiano libero sviluppo.

mercoledì 21 novembre 2012

Bernardo Caprotti (ESSELUNGA) Cragnotti, Rivoira e Dichgans cosa hanno in comune?

Il boss di ESSELUNGA (86) è da tempo insofferente delle ganascie che lo stato italiano mette alla libera iniziativa. Basta ricordare il suo libro FALCE e CARELLO nel quale nel 2007 accusava di concorrenza sleale la COOP ITALIA. Secondo lui non pagava tasse e gli  impediva l'apertura di punti vendita in zone ambite come l'Emilia Romagna. Adesso sorprende con un'idea mega: Sviluppare quasi dal niente un aeroporto intercontinentale a Brescia in sostituzione di MALPENSA che non riesce a decollare come hub per tutto il Nord Italia (Vedi articolo sul Corriere della Sera del 18 novembre). L'idea è spettacolare e nessuno si attiverà per metterla in opera. Ma è una di quelle idee capaci di accendere la fantasia e di sottolineare la svolta. Idea di un imprenditore privato. Idea che caratterizza il momento dell'Italia alla ricerca del nuovo.



Un altra iniziativa che va in questa direzione è quella imperniata sul progetto NOVAMELA. Impensabile ancora 2 anni fa si è già materializzata pochi giorni fa: al Salone INTERPOMA di Bolzano è stato annunciata la fondazione di un progetto che vede impegnati i 5 attori più improtanti del comparto della mela italiana. Quattro sono associazioni di produttori, Dichgans, direttore VOG,  il personaggio più in vista, la quinta è un privato, l'imprenditorer Michelangelo Rivoira di Cuneo.

Si tratta di un progetto per lo sviluppo di nuove varietà concepito in Francia da imprenditori privati che in Italia sarà tradotto in realtà da imprenditori privati di vario genere, cordate che finora non sono mai state tentate, iniziative concrete messe in pratica da gente che fino a ieri al massimo sostenevano insieme organizzazioni di servizi generici. Anche qui dunque segnali tangibili di flessibilità e di ricerca di nuove strade. Il tutto fa ben sperare perchè il sistema Italia ha bisogno di slanci nuovi per tornare a crescere. Ben venga in questo contesto anche la collaborazione fra attori importanti perchè anche il più importante di loro è troppo piccolo per giocare un ruolo significativo a livello globale.

domenica 18 novembre 2012

I N T E R P O M A, riassunto massimo del mondo della mela


INTERPOMA è stato un avvenimento che non ha deluso le aspettative. Si conferma sempre di più la convention più importante a livello mondiale come manifestazione imperniata unicamente sulla mela.

Il blasone di primattore a questi livelli il Sudtirolo se lo merita tutto: Ci sono le condizioni pedoclimatiche più uniche che rare (configurazione territoriale, condizioni meteorologiche, ampia disponibilità di risorse idriche) ma c'è anche la professionalità degli operatori. Riuscire a guidare decine di migliaia di microaziende agricole (la media è ampiamente al di sotto dei 5 ettari) non dev'essere facile, riuscir a farlo con successo e soddisfacendo anno dopo anno anche le esigenze economiche dei frutticoltori è straordinario.




Si tratta però anche di condizioni quasi irrepetibili per motivi che qui cercherò di esaminare con l'aiuto di un elenco chiarificatore:

- la produzione di mele inizia nelle vallate del Sudtirolo secoli fa

- la vicinanza di paesi mitteleuropei aiuta sia la comprensione dei mercati come la comunicazione con essi

- la stabilità dei governi locali, basati su un solo partito, la SVP (Suedtiroler Volkspartei) permette programmi strategici di lungo ed ampio respiro

- la popolazione è molto legata al suo territorio e lo sfrutta in ogni possibile maniera (oltre all'agricoltura è importante anche il turismo ed il commercio) frenando l'abbandono della terra ed aiutando l'inseirmento dei giovani.

- L'abbondanza di acqua in tutte le stagioni permette di evitare i danni da gelo con le irrigazioni soprachioma nei periodo delle gelate (permettendo di incassare i prezzi più alti che in Europa si formano quando in tutto il continente le condizioni atmosferiche hannocausato danni.

- la vicina Germania influenza positivamente le tecniche di marketing che spesso vengono richieste dalla sua GDO esigente. Anche la comunanza della lingua facilita questo processo che in un secondo momento viene introdotto anche sul mercato interno.

- l'abilità delle amministrazioni pubbliche e private di adeguarsi alle regole dell'Unione Europea per portare a casa tutti i finanziamenti che le leggi permettono

- l'abilità delle organizzazioni dei produttori di studiare i mercati e di adeguare la loro offerta tempestivamente alle nuove richieste (vedi l'introduzione di nuove varietà)

- la bravura del settore di saper compensare anche i fattori negativi che pur ci sono (si pensi solo al fatto che si tratta di un monoprodotto) con altri positivi (attrezzandosi per esempio per offrire questo prodotto 12 mesi all'anno per non perdere il contatto con i clienti nei mesi più deficitarii)

- e last but not least la saggezza dei produttori di affidare la gestione commerciale a veri e propri professionisti del marketing utilizzando e finanziando le relative leve (sopratutto la promozione e la pubblicità) in maniera esemplare.

Basta confrontare ognuna di queste voci con le condizioni nelle quali si trovano altre zone di produzione italiane per capire da un lato quanto più difficile è l'ambiente nel quale i singoli attori devono operare e quanto però si potrebbe fare per migliorare anche la competitività di questei altri comparti. (di uguale importanza dal punto di vista dell'interesse della GDO europea sono da considerarsi senz'altro gli agrumi, l'uva da tavola, la frutta a nocciolo ( ciliegie, susine, pesche e nettarine) le pere ed il kiwi. Solo per le verdure il discorso è diverso ma poi neanche tanto.





lunedì 12 novembre 2012

BOLOGNA: Le patate un kilo alla volta


A Bologna si è svolto un interessante  due giorni sul mondo delle patate. Davide Paolini, il "gastronauta" di Radio24, ne è stato un simpatico moderatore. In quell'occasione Il Prof. Andrea Tosetto dell’Università Milano-Bicocca ha raccontato che in occasione di una sua ricerca che ha coinvolto 320 consumatori lombardi si è scoperto che l’acquisto settimanale di patate si collocava sotto il kilo.


Al centro del tavolo di presidenza il moderatore Davide Paolini, "il gastronauta" di Radio 24.
 
Si capisce che da qui nascono anche le critiche dello stesso campione che lamenta che le confezioni di patate sono troppo grandi (2 – 5 KG). Ma in attesa di studi più approfonditi e generalizzati cerchiamo di capire fra le righe cosa interessa la distribuzione al dettaglio.
 
 
Gli chef spiegano le loro esigenze e parlano dei loro problemi
 
Se le notizie per i produttori non sono confortanti perché le spese di coltivazione e le importazioni aumentano ed i consumi calano, molte delle notizie per il dettagliante sono positive:

I consumi domestici hanno superato quelli extradomestici, l’offerta di prodotto italiano migliora di qualità con una maggior attenzione alla salute, alla salubrità, alla tracciabilità, agli aspetti dietetici, ambientali, etici e territoriali.
I produttori hanno interesse ad introdurre tecniche di valorizzazione e promozione del prodotto patata ed all’affermazione di qualità di fascia alta e sono pertanto al fianco dei dettaglianti per invertire l’attuale trend negativo dei consumi che sono passati da un annuale 34 Kg per persona nel 2000 ai 25 Kg pro capite del 2011.

La penisola italiana e le sue produzioni viste da Sud-Est
 
Il ruolo del dettaglio:
Del quantitativo totale di 2 mln. di tonnellate disponibile sul mercato italiano (di cui 500-600.000 tonnellate provenienti da import) il 7 % viene esportato, il 9 % va perso, il 10 % viene trasformato ed il 75 % è avviato verso il consumo fresco .

Di quest’ultima categoria circa il 60 % viene smaltito dalla GDO ed il restante 40 % dal dettaglio tradizionale, dall’HORECA e dai laboratori artigianali che preparano cibi pronti.
All’interno del retail si può anche osservare che il prodotto di marca (venduto in media intorno ai 75 centesimi di euro) rappresenta il 30-35 % mentre il prodotto senza marca rappresenta il 65-70 % ed è in offerta al pubblico intorno ai 60 centesimi. Molta merce commercializzata in private label appartiene a quest’ultima categoria.

Prospettive future:
Per poter permettere un margine di guadagno al produttore, che attualmente ha costi di 20 eurocent e spesso viene remunerato proprio con questo prezzo, c’è solo la via dell’innovazione:
Da un lato sono in atto tentativi di aumentare i quantitativi di prodotti a marca con tutte le ben note garanzie e vantaggi per il consumatore. Dall’altro si può sperare nell’innovazione partendo dal DNA che da un anno è stato scoperto anche per la patata. Sfruttando il codice genetico e una maggior attenzione alla biodiversità sono in arrivo molte novità che saranno in grado di soddisfare le tante esigenze del consumatore e di migliorare la relativa offerta .


Stanno aumentando le tipologie dell’alta gamma basate sul Selenio, sullo iodio, sulla IV. e la V. gamma. Sarà anche necessario una campagna più intensiva di educazione del consumatore che però già oggi chiede un numero più ampio di varietà, più continuità nelle varietà, più informazione sul punto vendita e sulle confezioni, confezioni di peso adeguato alle necessità. La patata dovrà essere sempre meno vista come una commodity.



Merce di questo tipo avrà bisogno anche della collaborazione del dettagliante che non potrà continuare a utilizzare punti vendita banali e trascurare le informazioni tecnico-salutistiche tanto apprezzate dai consumatori.

La voce dei cuochi:
Tre cuochi rappresentativi hanno fatto sentire la loro voce ed anche questa categoria potrà contribuire a rilanciare il consumo delle patate. "Il cuoco che sta in mezzo può valorizzare, rovinare o addirittura rendere tossico un prodotto".

Oggi gli chef costruiscono i loro menu sulla base di valori nutrizionali e spesso indicano dettagli come la provenienza o dei metodi di coltivazione. Si pensi solo ai prodotti biologici o ai vari territori più o meno rinomati. I tempi di cottura influiscono anche sui valori nutrizionali e le relative informazioni sono della massima importanza.


La penisola italiana  con le sue produzioni vista dall'Adriatico
 
Anche loro reclamano a gran voce l’esigenza di avere maggiore continuità nella reperibilità delle varietà. Una volta individuata la patata giusta per una certa ricetta è importante poter ripetere quest'ultima con gli stessi ingredienti. Un'altra indicazione è quella dell’importanza che ha l’igiene nelle cucine. Questo fatto porta gli chef a cercare la patata più pulita possibile, forse spazzolate, per evitare di portare in cucina sporcizie che potrebbero contaminare altri alimenti.
Grande è anche l’esigenza di potersi rifornire di patate calibrate per avere a disposizione in cucina solo merce adatta alle esigenze del caso.

Dettagli che non sono di dominio pubblico sono l’indicazione di non usare mai il sale nella cottura delle patate e di considerare che con la cottura vengono distrutte tutte le difese del tubero che diventa immediatamente l’alimento più deperibile che esiste in cucina.

Tipica preconfezione di patate Bologna DOP
 
ricerca di mercato

Alla fine è doveroso tornare sulla ricerca menzionata nell’introduzione. Si tratta di un gruppo di studenti volenterosi guidati da un professore ispirato che si è cimentato in un lavoro capilare ed utile. Dà ottimamente l’idea di quanto la ricerca di mercato può contribuire a migliorare la comprensione delle preferenze del consumatore e di servirlo meglio.

In parole stringate alcune delle indicazioni significative emerse sono le seguenti:

1) I consumatori non conoscono la patata, non conoscono le varietà

2) C’è molta attenzione all’orto privato ed alle coltivazioni biologiche

3) Il 78 % delle patate vengono consumate fresche

4) Il 31 % delle patate precotte viene acquistato da uomini

5) 92 volte su 100 sono le donne a decidere quali patate comprare.

6) Il 76 % consuma meno di un kilo a settimana

7) La tipologia di cottura vede al primo posto la patata lessa, al secondo la patata al forno e solo al terzo posto le patate fritte (ma in pochi anni la vendita di patate surgelate è passato in Italia da 100mila a 150mila tonnellate.)

8) Le lamentele sono imperniate sulla durata limitata (patate avariate), sulla qualità (patate con difetti) , sulle confezioni troppo grandi, sulla limitatezza delle varietà e sulla scarsità di informazione in fatto di utilizzo e metodi di cottura.

9) Grande attenzione ai metodi naturali di produzione ed alle produzioni biologiche!!

domenica 11 novembre 2012

CULTURA, MOTORE PER LA RIPRESA?

Anche per ragioni di lavoro osservo con interesse come si organizza politicamente  il nuovo centro-destra italiano ed è per questo che ho accolto l’invito di Italia Futura  di recarmi a un convegno organizzato a Bologna in una chiesa dissacrata grande (Oratorio di Santa Cristina in Piazzetta Giorgio Morandi) dal titolo “Cultura, il motore della ripresa”.

Sia  Italia Futura (“Montezemolo ci mette la faccia”) che il tema hanno attirato la mia attenzione e non mi hanno deluso. La navata era gremita con tanta gente anche in piedi, il pubblico dell’età media di 35-50 anni, molti con cravatta, i relatori più che altro tecnici. Ottimo moderatore Phil Taylor.


Luca Cordero di Montezemolo (foto The Guardian UK)


LA PAROLA CULTURA
L’idea di coniugare la ripresa partendo dalla cultura ha trovato l’approvazione di molti a giudicare dall’afflusso della gente e dalla partecipazione attiva durante il dibattito. Anche l’andamento dei lavori non hanno fatto altro che anelare motivo a motivo per confermare la giustezza di questa tesi.  Ma la cultura è in questo contesto intesa genericamente, includendo per esempio anche la “cultura d’impresa”

Hanno introdotto Pietro Buccarelli, presidente di I,F, Bologna e Stefano Ceci, coordinatore I.F. Emilia Romagna., ha concluso Andrea  Romano, direttore di I.F. nazionale. Alla fine di questa serie di convegni specifici ci sarà un evento riassuntivo prima di Natale, sempre a Bologna. Prima, il 17 di questo mese di novembre, a Roma,  il movimento organizzerà un  grande raduno aperto a tutti intitolato “Verso la terza Repubblica”

Certe idee innovative pronunciate dai relatori: sistemi informativi articolati e complessi per il trattamento di grandi quantità di dati.

-          un museo non si regge economicamente da solo ma con altre attività come convegni, università e sponsorizzazioni private ecc. ecc.  forma quel tripiede forte che si regge su tre debolezze

-          il paese deve organizzare standard uguali in tutt’Italia per far girare i turisti nelle “smart cities” una uguale all’altra (per esempio per quanto riguarda il wi-fi. Poi ogni territorio si gestisce e si promuove per conto proprio.



Auditorium Chiesa Santa Cristina Bologna
 
Partecipazione: Solo parte anteriore della navata tutta occputata con gente in piedi







-         



-    Si fa cultura per aggiungere non per sottrarre.

-          A Casalecchio (a pochi km dal centro di Bologna) c’è il Consorzio  Interuniversitario CINECA  (400 dipendenti ,  sistemi complessi  per il trattamento di grandi quantità di dati) che ha da poco in dotazione il 7.mo calcolatore più potente del mondo. Cineca si alleerà  con strutture simili di Milano e Bologna. Viene usato per studiare di tutto: dall’archeologia fino a energie alternative e  cervello umano. Può fare molto per ogni tipo di cultura.

       -          La cultura è il petrolio italiano

-          Una disciplina con grande futuro: la Black Box Comunication.  Serve a promuovere a scatola chiusa sistemi difficili da spiegare in dettaglio.

-          Cultura è uno dei doveri dell’uomo

-          Niente cultura, niente progresso

-          Ritardi italiani nelle ricerca in energie rinnovabili. In Italia si spendono € 36 mrd l’anno (2 % dell’occupazione) in confronto Germani,a 81 mrd. (3 % di occupazione), GB  4,7 di occupazione.

Padre Giovanni Bettuzzi, un domenicano presente al tavolo della presidenza in veste bianca, ha letto un decalogo di valori sul come usare la cultura rivelando solo alla fine che era stato stilato da Bob Kennedy poco prima del suo assassinio nel 1968:
-          Serve per perseguire il vero, il bello, il bene
-          Distingue fra bello e brutto
-          Stabilisce valori di giustizia sociale, la dignità,  i diritti ed i doveri  dell’uomo,
-          Aiuta il raggiungimento del bene comune
-          Promuove i valori di sussidiarietà e di solidarietà

Il pubblico ha mostrato interesse con varie domande ed interventi di ogni genere

CONCLUSIONI
Andra Romano, da padrone di casa, ha tratto conclusioni anche politiche, dicendo  di essere molto contento della buona accoglienza dell'iniziativa da parte del pubblico bolognese, ha ringraziato per le adesioni in grande crescita in tutt’Italia. Ha raccontato che come in Emilia così anche in altre regioni d’Italia stanno per essere inaugurate delegazioni regionali. Si è detto fiducioso che da qui alle elezioni quel 40 % di elettorato che al momento dichiara l’avversione a scegliere chi votare avrà trovato, almeno in buona parte, un’offerta che lo soddisfa. Italia futura si muove sul territorio da ormai 3 anni e si sente ben radicato. Si prodigherà per offrire, insiemi ad altre formazioni dell’area di centro-destra,  un programma degno della fiducia di tanti.

Andrea Romano ha anche ricordato la manifestazione “Verso La Terza Repubblica” organizzata da Italia Futura a Roma il prossimo sabato 17 novembre invitando tutti a partecipare. Attivamente.