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giovedì 13 settembre 2012

GDO, Nel Bio Tante Occasioni Mancate



L’esclusivo Salone SANA di Bologna, dedicato al biologico, all’ecosostenibile ed al wellness in generale ha appena chiuso i battenti.

In questi tempi di magra è stato bello muoversi in un ambiente che riesce a produrre crescita. I numeri del settore intero indicano miglioramenti anchce nel primo trimestre di quest'anno (+ 6,1 % sul 2011, vedi ricerca ISMEA) ma secondo informazioni raccolte negli ambienti commerciali l’ortofrutta si accontenta del mantenimento anche nel 2012 delle posizioni raggiunte nella prima parte dell’anno precedente. Questo mentre i consumi delle produzioni tradizionali sono in calo.

 
isola biologica ideale


Occupandomi soprattutto di ortofrutta e conoscendo bene questa realtà trovo molto esagerati i toni delle dichiarazioni ufficiali sia governative che degli ambienti che ruotano intorno a SANA e cioè di Nomisma e del mondo delle certificazioni.

Qui voglio solo mettere il dito nella piaga della distribuzione italiana al dettaglio che, come anche nel convenzionale, non riesce ad offrire servizi tali da non perdere consumi e consumatori anno dopo anno. Le premesse per buoni performance ci sarebbero tutte perché l’ortofrutta biologica si rivolge a un mondo moderno fatto di crescente consapevolezza ambientale e salutistica da parte di molti ed attira consumatori benestanti ed istruiti. Dall’altro lato ci sono le realtà finanziate dal pubblico (Ministero della Sanità, delle politiche agricole, DOP, IGP, OP,  mense scolastiche ecc.) che da anni preparano bene il terreno con grande dispendio di energie e fondi.

Nonostante tutto ciò i consumi italiani di ortofrutta biologica sono lontani dal 2 % sul totale! Non è una cifra significativa, non può essere considerata soddisfacente.  La ricerca di Nomisma presentata al SANA afferma che il 70 % degli acquisti bio viene effettuato  presso la GDO. Questo potrebbe anche significare che la GDO è efficiente nel suo contributo alla distribuzione di questa tipologia di merce ma invece significa il contrario: ne il messaggio ne il prodotto convincono il consumatore. Produttori leader in campo biologico indicano cifre inferiori ad un terzo del loro  output i quantitativi forniti alla GDO italiana.

Se osserviamo come i specializzati (fra loro sopratutto le organizzazioni in franchising) prosperano, raggiungendo cifre e crescite notevoli, il cerchio si chiude: la GDO rappresenta un collo di bottiglia ed impedisce l'affermazione dell'ortofrutta biologica italiana. La relativamente piccola percentuale di consumatori già convinti, i cosiddetti heavy consumers, è costretta a frequentare i suoi punti vendita ma non trova ne scelta ne prezzo. Da anni si sente dire dai responsabili commerciali della GDO che le possibilità di offerta sono limitate da spazi angusti ma per merce di poco valore ed a poco prezzo gli scaffali sono sempre sufficienti. Se è vero come è vero che la segmentazione ormai si limita a due grandi categorie: il primo prezzo ed il premium, perché al biologico non si concede l’onore dell’alto di gamma? Se anche fosse necessario  ridurre un po’gli  alti prezzi adesso di moda (veramente troppo alti per tanti portafogli), non conviene sempre fare ricarichi su prezzi rispettabili piuttosto che su prezzi stracciati?

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