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domenica 5 febbraio 2012

DISARMO RECIPROCO

Vorrei qui proporre anche per il mondo ortofrutticolo italiano quanto Mario Monti ha indicato oggi a Monaco di Baviera riferendosi a tutto il paese:

Dal Corriere.it:

 “…Così ha detto Mario Monti intervenendo alla Conferenza internazionale sulla sicurezza in corso a Monaco di Baviera. Il presidente del Consiglio ha parlato del «caso italiano», «un esperimento interessante: « Il Paese in piena emergenza ha sentito la necessità di un governo che potesse creare un disarmo reciproco e temporaneo tra i partiti e varare riforme importanti».



I contendenti in questione nel nostro caso sono la galassia delle cooperative fra produttori ortofrutticoli ed i commercianti ortofrutticoli. I due mondi sono in guerra da quando negli anni ’60 i produttori vollero cimentarsi anche della fase commerciale della distribuzione all’ingrosso dei loro prodotti e con l’aiuto dei finanziamenti europei ed italiani misero in piedi le strutture che dovevano permettere una commercializzazione in proprio per dare più reddito ai soci.



I commercianti operanti nelle zone di produzione, trasformando e collocando sui mercati nazionali ed internazionali gli stessi prodotti, si trovarono in difficoltà di approvvigionamento di materie prime perché una parte sempre più cospicua veniva sottratta alla loro disponibilità. Molti di loro hanno dovuto chiudere i battenti da allora per queste ragioni.  Molta professionalità, soprattutto internazionale, andò persa.



Nel frattempo comunque le cooperative (oggi spesso OP) hanno organizzato la produzione in modo adeguato come forse i commercianti-esportatori non avrebbero mai potuto fare: hanno introdotto per esempio i metodi della produzione integrata ed hanno concentrato l’offerta per rispondere meglio alle esigenze della GDO italiana. Quello che hanno fatto dal lato distributivo non lo può chiamare commercio ma piuttosto servizio: lavorazione e confezionamento adeguate alle esigenze dei supermercati, accordi stagionali e garanzie di continuità e salubrità.



Gli aspetti commerciali però sono rimasti fortemente dominata dai commercianti che di fatto continuano a controllare più del 50 % della produzione ed il 70 % delle esportazioni imponendo gli orientamenti iniziali dei prezzi ogni stagione e rifiutando ogni tipo di accordo per azioni concordate in fatto autoregolamentazioni, di strumenti di marketing o di promozione. Se lo possono fare vorrà però dire che riescono ancora ad accontentare almeno la metà dei produttori ortofrutticoli anche non disponendo di tutte le leve finanziarie che attraverso Bruxelles arrivano alle cooperative.



SITUAZIONE DI STALLO

Chiamerei questa una situazione di stallo e per evitare un collasso collettivo come conseguenza della mancanza di decisioni una fase di tregua o meglio di un disarmo reciproco, del tipo del governo di tecnici di Mario Monti, potrebbe essere la soluzione.

Il risultato finale dovrebbe portare al miglioramento degli introiti dei produttori  siano essi singoli o associati lasciando loro liberi di scegliere la forma di collocamento dei propri prodotti ma mettendo le due componenti interessate nelle stesse condizioni garantendo anche al produttore che non volesse associarsi, insieme al suo interlocutore commerciale, gli stessi privilegi di chi è associato. Avvantaggiare una sola parte vuol dire operare una distorsione dell’offerta e  generare privilegi che non hanno niente a che fare con il libero mercato.



La conseguenza immediata sarebbe quella di rimettere in campo tutte le forze che vanno oltre a quelle dei servizi che fin qui vengono comunque ottimamente offerti. Mi riferisco al rafforzamento ed al sostegno del puro commercio che, con l’assunzione di rischi e di azioni coraggiose, costituisce la molla per ogni conquista di nuovi mercati o di nuove quote di mercato.



La merce, sia la materia prima che i prodotti già lavorati e confezionati, sarebbero accessibili a tutti gli operatori e la promozione e la pubblicità sarebbero fatte di comune accordo perché è interesse di tutti aumentare la presenza dei prodotti su ogni mercato e su ogni nicchia di mercato. Togliere dai mercati tradizionali anche solo il 5 % di pressione esportando equivarrebbe a un automatico aumento dei prezzi realizzabili. Pensiamo solo quante nicchie esistono in un mercato globale dove già adesso sono 65 i paesi che importano kiwi italiano. Ma all’ONU sono iscritti oltre 200 paesi il che vuol dire che è teoricamente possibile raddoppiare i paesi clienti di kiwi, ma in seguito a questi poi anche i paesi potenziali clienti di tante altre specie ortofrutticole italiane che meriterebbero più spinta verso l’internazionalizzazione.



Per fare questo importante salto in avanti c’è bisogno di tanta nuova  forza lavoro perché al momento in tutti gli uffici commerciali manca personale. Sarebbero necessari tanti puri Import-Export specializzati ma si dovrebbe tenere in considerazione anche il grande numero di operatori con mentalità commerciale presenti sul territorio (anche sui mercati all’ingrosso) di tutt’Italia. Non sanno la lingua inglese?? La formazione è gratuita ed oggigiorno obbligatoria per tutti! La speranza di conquista di nuovi clienti e di nuovi mercati insieme alla prospettiva di possibili guadagni rimetterebbe in corsa  l’ortofrutta italiana e anzi, potrebbe rilanciarla verso conquiste insperate. In fondo i nostri concorrenti o sono dominatori del mondo e pertanto irraggiungibili (gli americani) o hanno prodotti inferiori (vedi le pere olandesi o le mele francesi). La distrazione italiana ha permesso il sorpasso degli spagnoli ma se si riuniscono di nuovo le forze aderendo a un disarmo reciproco la partita potrà essere riaperta.

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