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giovedì 14 marzo 2013

Cosa c'entra la Bridgestone con l'uva da tavola?

Ma si, la Bridgestone, quella che sta per abbandonare l'Italia. Lo stabilimento delle Puglie che produce pneumatici sarà presto chiuso perché la Multinazionale fa fatica in vendere in Europa dove non si collocano più macchine. Sono certo che conoscete questa marca perché i media ne parlano tutti i giorni da settimane e perché tutti i politici, tutti i sindacalisti si preoccupano della perdita dei 950 posti di lavoro.
Grappolo d'uva, riprodotta amorevolmente dall'artista
Lì vicino, a Turi, c’è un’azienda specializzata in produzione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, la GIULIANO PugliaFruit con 1.000 dipendenti ma nessuno se ne preoccupa, nessuno ne parla.  L’azienda va bene e non minaccia di licenziare ma nessuno si è mai chiesto se forse lei insieme a tante altre aziende simili in tutt’Italia avessero bisogno di più attenzione, di più assistenza per resistere sui mercati. L’agricoltura è sempre l’ultima ruota del carro.

Spenderanno milioni di euro, di soldi pubblici, di nostri soldi, per tenere in vita un’entità finita fuori mercato (la Bridgestone) quando la medicina giusta sarebbe quella di investire quei soldi per innaffiare le piantine che producono ma che senza il sostegno necessario moriranno anch’esse. Per esmpio l'agricoltura.

Sostenere non significa regalare soldi, basterebbe finanziare la ricerca agronomica, la ricerca di mercato, l’internazionalizzazione, la promozione, la pubblicità. Migliorare la logistica e tutte le infrastrutture indispensabili. Fare insomma quanto fanno i nostri concorrenti. Se l’ortofrutta italiana perde annualmente quote di mercato è perché altri trovano soluzioni migliori. E non sono solo i paesi low cost ma anche paesi come la Spagna, l’Olanda, la Polonia o gli Stati Uniti che si presentano ogni anno con prodotti innovativi.

Un esempio: Produrre con il metodo biologico non è semplice. Molte delle nostre specie sono troppo esposte all’attacco di malattie di ogni genere. C’è bisogno di trovare varietà resistenti alle varie patologie. Quelle che richiedono meno agrofarmaci. La ricerca di questo tipo esiste, ma solo nei paesi del Centro-Europa. Studiano però le varietà adatte per quei climi. I risultati di quelle ricerche in Italia non servono. Dovremmo studiare soluzioni per i nostri climi. Oggi ancora il biologico italiano è all’avanguardia ma se nessuno studia il futuro anche il biologico sarà presto relegato in second’ordine.

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