C’è una spiegazione per il ritardo storico dello sviluppo della Grande Distribuzione in Italia e l’ha ricordata il patron di ESSELUNGA, Bernardo Caprotti, in una recente intervista al Sole 24 Ore: fino all’inizio degli anni ’90 la GD non la volevano i partiti, ne quelli di centro (DC) ne quelli di sinistra PCI. Gli uni dovevano difendere i dettaglianti, gli altri le cooperative.
Lo sviluppo della marca commerciale dei supermercati anche in Italia segue una logica già ampiamente sperimentata in tanti altri paesi occidentali: l’insegna è una marca percepita in modo positivo dal consumatore ed un prodotto che porta quel nome (o anche uno di fantasia di recente introduzione) merita fiducia anche se costa meno della concorrenza della marca industriale affermata
Per il retailer la propria marca offre l’occasione per sfuggire ai dictat dei leader industriali ed anche quello di procurare alla propria clientela vantaggi immediati ed attuali come il prezzo più contenuto ma in prospettiva anche vantaggi di più ampio raggio.
Una ricerca sul consumatore presentata a SO FRESH Bologna certifica incrementi di quota di mercato costanti che partono sì da numeri bassi ma sono comunque a due cifre. Aumenti del 10-12 % annui hanno portato nel giro di pochi anni la quota di mercato a livello nazionale agli odierni 11-12 % con punte ben maggiori se si considera che oltre il 50 % del fatturato della marca commerciale viene operato dai tre distributori più importanti.
Non c’è dubbio che i quantitativi che possono essere messi in campo giocano un ruolo preponderante e pertanto il gap fra piccoli e grandi sta aumentando. Il piccolo non offre economie di scala degne di nota e fa più fatica a trovare partner capaci di assecondarlo in modo giusto. Anche il prezzo del marketing necessario a sostenere il lancio e la promozione della marca commerciale richiedono investimenti importanti che non sempre sono alla portata dell’operatore marginale o poco centralizzato.
Come fa infatti una centrale di GDO a sostenere i marchi dell’insegna se non tutti i soci si impegnano a seguire e sostenere le politiche aziendali fin dal primo momento?
E’ vero quanto ha sostenuto il sociologo Giampaolo Fabris che questo periodo di crisi rappresenta vento in poppa per la marca commerciale e che pertanto un incremento del 10-12 %, molto statico, non testimonia un grande successo. In pratica, sostiene Fabris, il settore ha perso un’occasione d’oro per fare un grande salto in avanti. Finora è mancata la convinzione, l’investimento in ricerca ma anche la cultura. Perché la costruzione di una propria marca esige dal proprietario un approccio diverso da quello tradizionale che è soprattutto quello della convenienza. C’è bisogno di tutte leve del marketing che vanno oltre il prezzo e partono dalla ricerca di prodotto e sul consumatore per arrivare allo sfruttamento di tutte le sfaccettature della comunicazione.
E’ stato sottolineato anche che una politica di private label presuppone l’esistenza o la creazione di un gruppo di fornitori attrezzati e motivati con i quali fare un percorso d’insieme sulla base di strategie a medio-lungo termine. Sarebbe impossibile edificare un futuro senza una visione lungimirante che mettesse al centro il concetto di marca piuttosto che quello della versione economica di un prodotto. Il consumatore è pronto a dare credito a una marca commerciale ben presentata perché nell’era di Internet ha avuto modo di trovare spesso qualità anche laddove il prezzo non la segnalava. E’ dunque diventato più aperto a nuove scelte ed anche a dar credito a nuovi soggetti se la percezione della marca è stata positiva in passato e se questa percezione viene rafforzata con concetti nuovi che si sono fatti strada ultimamente. Pensiamo solo all’ecosolidale, al salutistico, al biologico e all’attenzione all’ambiente. In questa categoria c’è da segnalare l’ultimo arrivato: Il “freefrom” che vuol dire esente da….. sale, zucchero, colesterolo, glutine, OGM ecc ecc.
Si vede che a certe condizioni c’è tanto campo per ulteriori rapidi sviluppi positivi della marca di proprietà del distributore.
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