Ha tenuto il sistema bancario italiano ma ha tenuto anche l'export ortofrutticolo. Queste sono in sintesi le conclusioni che si possono trarre esaminando i dati a tutto Settembre 2009 pubblicati da FRUITIMPRESE presieduta da Gino Peviani.
Non è certamente una grande consolazione perchè si tratta di perdite che gravano su un comparto già sofferente da anni e che si era appena leggermente ripreso nel corso delle utlime due stagioni.
Ma osservando che i clienti non si sono allontanati fa prevedere un ritorno alla normalità non appena i mercati si riprenderanno.
domenica 20 dicembre 2009
sabato 5 dicembre 2009
"Ce l'ha con le cooperative ortofrutticole"
Ce l'ha o non ce l'ha?
Dopo la pubblicazione da parte di FRESHPLAZA.IT in data 4 Dicembre della mia lettera al Prof. Pizzoli della facoltà di agraria dell'Università di Bologna uno dei primi commenti che ho sentito è quello qui riportato nel titolo. Il testo di quella lettera è riportato nel mio blog precedente.
Avevo sostentuto che parte delle colpe per il negativo andamento della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli italiani è da ricondurrsi alla prevalenza dell'orientamente alla produzinoe, al prodotto, del management di molte cooperative ortofrutticole. Avevo anche sostenuto che la non comprensione delle problematiche della filiera distributiva e la conseguente politca governativa degli ultimii 40 anni ha fatto perdere una parte considerevole del know how riferito ai mercati internazionali in conseguenza della sistematica messsa in angolo della commercializzazione privata che era rappressentata, e in certe zonevienne rappresentata ancora, da ditte ben attrezzate per il commercio internazionale, i cosidetti esportatori.
La tendenza è ancora in atto ed oggi si esprime nelle prese di posizione delle grandi organizzzazioni dei produttori che si pronunciano contro la Grande Distribuzione e tentano la propria strada al dettaglio organizzando e finanziando (con soldi pubblici) iniziative come i mercati del contadino, il mercato amico, il KM zero.
Il mio pensiero:
Vorrei qui meglio precisare il mio pensiero: Ritengo del tutto logico e leggittimo la formazione di gruppi di produttori che s'incaricano della conservazione, della lavorazione e della commercializzazione dei loro prodotti. A patto che il mercato sia lasciato libero ed i finanziamenti, veramente necessari, arrivino in egual misura a tutti gli interessati. Finanziare la produzione è una cosa, finanziare le operazioni commerciali è un'altra.
Da 40 anni questo distinguo non avviene ma per stare nel politically correct non lo si può dire. Sarà necessario anche in questo caso l'intervento di qualcuno o di qualche cosa che "sdogani" chi ha sempre portato avanti un pensiero "liberistico". La mia teoria è che per avere un'organizzazione della commercializzazione dell'ortofrutta efficiente c'è bisongo di ogni variante delle sue componenti. Se è vero che il 50-60 % delle vendite al dettaglio sono nelle mani dalla GDO è pur vero che il mancante 40-50 % ha bisogno di altre strade. Accanto alla GDO ci saranno i mercatini rionali, Il catering per la HORECA, i fruttivendoli.
Per rifornire tutti questi servono politiche ed attività molto specializzate che si servono di un altro anello della catena: gli operatori all'ingrosso dentro e fuori dai mercati generali, gli agenti ed i rappresentanti, le società import-export, .
Queste ultime hanno un ruolo particolare perchè sono loro le punte di diamente da usare anche per arrivare sui mercati lontani e pertanto più complicati e più pericolosi, oltre che nell nicchie di nercato che ormai sono in ogni angolo, in Italia, in Europa e nel mondo.
Se il legislatore continua a sovvenzionare esclusivamente i produttori, offrendo i necessasri finanziamenti solo a loro per arrivare con l'offerta concentrata ai supermercati, per forza di cose l'altra metà della filiera inaridisce.
Ed ecco la principale causa dei mali della nostra commercialilzzazione: la mancanza di tutti gli attorineccessari per commercializzzare un quantitativo così vasto di prodotti ortofrutticoli che giornalmente deve raggiungere le bocche di ogni dove.
Non dimentichiamo che sentiamo da tempo che l'Italia produce più del fabbisogno nazionale e che dunque l'esportazione è necessaria. Ed è anche l'unica via per smaltire la merce qui prodotta e che qui trova un consumo in declino da anni per vari motivi, e non solo per la crisi attuale.
Il Marketing.
Fin qui ho parlato della commercializzazione. Manca un'altro strumento raramente utilizzato: il Marketing. E' uno strumento che si basa su un prodotto certo e standardizzato, sulla ricerca di mercato e sullas comunicazione pubblicitaria. In questo campo saranno necessario idee nuove ed un grande impegno di tutti per promuovere un prodotto, un marchio, un sistma regionale o di paese che possa imporrsi sui mercati globali. E' qui che la teoria e la scienza devono intervenire, è qui che le grandi menti del nostro sistema ortofrutticolo devono applilcarsi.
P.S.: Conosco l'OCM e una buona parte delle sue implicazioni. La ritengo però figlia di una strategia comunitaria che non ha portato vantaggi tangibili ai produttori europei se ancora oggi, dopo 50 anni di MEC (mercato europeo comune), osserviamo ancora l'assoluta supremazia dei prodotti americani sui mercati mondiali.
Dopo la pubblicazione da parte di FRESHPLAZA.IT in data 4 Dicembre della mia lettera al Prof. Pizzoli della facoltà di agraria dell'Università di Bologna uno dei primi commenti che ho sentito è quello qui riportato nel titolo. Il testo di quella lettera è riportato nel mio blog precedente.
Avevo sostentuto che parte delle colpe per il negativo andamento della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli italiani è da ricondurrsi alla prevalenza dell'orientamente alla produzinoe, al prodotto, del management di molte cooperative ortofrutticole. Avevo anche sostenuto che la non comprensione delle problematiche della filiera distributiva e la conseguente politca governativa degli ultimii 40 anni ha fatto perdere una parte considerevole del know how riferito ai mercati internazionali in conseguenza della sistematica messsa in angolo della commercializzazione privata che era rappressentata, e in certe zonevienne rappresentata ancora, da ditte ben attrezzate per il commercio internazionale, i cosidetti esportatori.
La tendenza è ancora in atto ed oggi si esprime nelle prese di posizione delle grandi organizzzazioni dei produttori che si pronunciano contro la Grande Distribuzione e tentano la propria strada al dettaglio organizzando e finanziando (con soldi pubblici) iniziative come i mercati del contadino, il mercato amico, il KM zero.
Il mio pensiero:
Vorrei qui meglio precisare il mio pensiero: Ritengo del tutto logico e leggittimo la formazione di gruppi di produttori che s'incaricano della conservazione, della lavorazione e della commercializzazione dei loro prodotti. A patto che il mercato sia lasciato libero ed i finanziamenti, veramente necessari, arrivino in egual misura a tutti gli interessati. Finanziare la produzione è una cosa, finanziare le operazioni commerciali è un'altra.
Da 40 anni questo distinguo non avviene ma per stare nel politically correct non lo si può dire. Sarà necessario anche in questo caso l'intervento di qualcuno o di qualche cosa che "sdogani" chi ha sempre portato avanti un pensiero "liberistico". La mia teoria è che per avere un'organizzazione della commercializzazione dell'ortofrutta efficiente c'è bisongo di ogni variante delle sue componenti. Se è vero che il 50-60 % delle vendite al dettaglio sono nelle mani dalla GDO è pur vero che il mancante 40-50 % ha bisogno di altre strade. Accanto alla GDO ci saranno i mercatini rionali, Il catering per la HORECA, i fruttivendoli.
Per rifornire tutti questi servono politiche ed attività molto specializzate che si servono di un altro anello della catena: gli operatori all'ingrosso dentro e fuori dai mercati generali, gli agenti ed i rappresentanti, le società import-export, .
Queste ultime hanno un ruolo particolare perchè sono loro le punte di diamente da usare anche per arrivare sui mercati lontani e pertanto più complicati e più pericolosi, oltre che nell nicchie di nercato che ormai sono in ogni angolo, in Italia, in Europa e nel mondo.
Se il legislatore continua a sovvenzionare esclusivamente i produttori, offrendo i necessasri finanziamenti solo a loro per arrivare con l'offerta concentrata ai supermercati, per forza di cose l'altra metà della filiera inaridisce.
Ed ecco la principale causa dei mali della nostra commercialilzzazione: la mancanza di tutti gli attorineccessari per commercializzzare un quantitativo così vasto di prodotti ortofrutticoli che giornalmente deve raggiungere le bocche di ogni dove.
Non dimentichiamo che sentiamo da tempo che l'Italia produce più del fabbisogno nazionale e che dunque l'esportazione è necessaria. Ed è anche l'unica via per smaltire la merce qui prodotta e che qui trova un consumo in declino da anni per vari motivi, e non solo per la crisi attuale.
Il Marketing.
Fin qui ho parlato della commercializzazione. Manca un'altro strumento raramente utilizzato: il Marketing. E' uno strumento che si basa su un prodotto certo e standardizzato, sulla ricerca di mercato e sullas comunicazione pubblicitaria. In questo campo saranno necessario idee nuove ed un grande impegno di tutti per promuovere un prodotto, un marchio, un sistma regionale o di paese che possa imporrsi sui mercati globali. E' qui che la teoria e la scienza devono intervenire, è qui che le grandi menti del nostro sistema ortofrutticolo devono applilcarsi.
P.S.: Conosco l'OCM e una buona parte delle sue implicazioni. La ritengo però figlia di una strategia comunitaria che non ha portato vantaggi tangibili ai produttori europei se ancora oggi, dopo 50 anni di MEC (mercato europeo comune), osserviamo ancora l'assoluta supremazia dei prodotti americani sui mercati mondiali.
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Il tema Marketing in ortofrutta
La facoltà di scienze agrarie dell'università di Bologna nella persona del Prof. Carlo Pirazzoli ha esposto le sue teorie aggiornate in fatto di marketing in occasione dell'annuale "convegno peschicolo di Cesena, novemebre 2009. Prima di quell'occasione ho indirizzato un mio promemoria al professore per dare un contributo alla discussione che secondo me doveva aprirsi dopo una campagna commercicale estiva così negativa.
Ecco il testo di quella lettera:
Egr.
Pizzoli Prof. Carlo
Il problema ortofrutticolo in Italia
Osservo la triste evoluzione dell’ortofrutticoltura italiana da ormai 50 anni. Ho iniziato a lavorare nella commercializzazione dei prodotti freschi nell’azienda di mio padre a 20 anni. Non ho dunque studi universitari ma in compenso ho avuto modo di poter osservare le situazioni da osservatori privilegiati.
Mi ricordo che negli anni ’80 un dirigente dell’ICE che in quel momento ricopriva un’importante carica dirigenziale nell’ufficio dell’Istituto a Bruxelles mi disse: per cambiare in meglio dobbiamo attendere la fine della guerra fratricida che imperversa in Italia: quella fra il commercio privato e le cooperative dei produttori.
Da qui nasce tutto il disastro che oggi ci troviamo davanti: Il produttore individua nella distribuzione forze a lui ostili che secondo lui non fanno altro che sfruttarlo. La politica accetta questa tesi e l’aiuta con importanti finanziamenti ad organizzarsi in proprio. Il risultato sono le organizzazioni dei produttori come sono oggi: una entità mercantile che continua ad orientarsi alla produzione invece che al mercato.
La prova ne sono il sentimento ostile nei confronti della distribuzione che traspare da ogni dichiarazione dei dirigenti di Coldiretti, CIA ecc ed adesso anche dal ministro dell’agricoltura, l’assenza di collaborazione fra produzione e commercio a livello di import export e gli scarsi investimenti in ricerca di mercato (per conoscere il consumatore) e di promozione (per informare il consumatore.
Purtroppo la guerra è stata persa dagli specialisti dei mercati internazionali, gli esportatori indipendenti, ed insieme a loro l’Italia ha perso sia il know how di tante generazioni e l’intuizione e la propensione al rischio necessaria ad ogni penetrazione di mercato.
Va dato atto agli operatori agricoli che la politica italiana da decenni rivolge tutte le sue attenzioni unicamente al mondo industriale non imitando in questo i governi di stati ben più industrializzati come la Francia, la Germania e gli stessi Stati Uniti.
I rimedi oggi
----------------
Partendo da questi presupposti e partendo anche dalla crisi attuale innegabile che dimostra l’incapacità della produzione ad uscire da sola da questo impasse c’è solo la strada della scienza che, al di sopra di tutti i preconcetti emotivi possa individuare ed indicare la giusta via: Un’importante istituzione come la Vostra Università potrebbe mettersi a capo di una profonda revisione di tutte le politiche recenti proponendo terapie scientificamente accettate ed auspicate da tutti.
Credo che la scienza del marketing (che ho studiato personalmente alla Bocconi di Milano quando ho frequentato per primo del nostro settore un corso specializzato di tre mesi nel 1984 per utilizzarla in occasione del lancio del marchio della ciliegia VIGNOLA) possa essere di grande aiuto ed essere accolto dalle menti più illuminate del nostro mondo.
Riposizionarci pensando al mercato e le sue esigenze per arrivare all’adeguamento della produzione attraverso lo studio della concorrenza e di tutti gli altri strumenti che abbiamo a disposizione. E, come Lei perfettamente sa, i fondi non mancano.
Mi immagino che l’esito di una siffatta terapia debba passare obbligatoriamente da un ripensamento della filiera distributiva dimenticando la concezione di “entità parassitaria” troppo spesso inculcata nelle menti di produttori e consumatori. Bisogna invece accettarla come necessario anello di congiunzione con la gente che ha bisogno di comprare e mangiare tranquillamente ortofrutta sana ed al prezzo giusto. Per poterlo fare nel modo adeguato è certamente necessaria una serie di servizi molto perfezionati ma anche costosi offerti sulla strada fra produzione e consumo.
Ci vorrà poi una rivalutazione della dimensione aziendale a ogni livello e la comprensione oltre che la collaborazione dei produttori con la filiera distributiva (non solo quella della GDO ma anche quella intermedia che occupa le nicchie ed apre i nuovi mercati).
Bisogna infine investire in promozione, pubbliche relazioni e pubblicità per convincere gli italiani dell’importanza per la salute del consumo di prodotti ortofrutticoli freschi visto che i concorrenti del mondo dei succedanei è talmente agguerrita da far addirittura cambiare abitudini alimentari a un popolo intero, contro ogni buon senso.
Caro professore, un Suo commento sarebbe molto gradito anche per approfondire questa tematica. Spero di vederLa a Cesena dopodomani.
Cordialmente
Rolando Drahorad
Cell.: 348 700 6290
Vignola, 4 Novembre 2009
Ecco il testo di quella lettera:
Egr.
Pizzoli Prof. Carlo
Il problema ortofrutticolo in Italia
Osservo la triste evoluzione dell’ortofrutticoltura italiana da ormai 50 anni. Ho iniziato a lavorare nella commercializzazione dei prodotti freschi nell’azienda di mio padre a 20 anni. Non ho dunque studi universitari ma in compenso ho avuto modo di poter osservare le situazioni da osservatori privilegiati.
Mi ricordo che negli anni ’80 un dirigente dell’ICE che in quel momento ricopriva un’importante carica dirigenziale nell’ufficio dell’Istituto a Bruxelles mi disse: per cambiare in meglio dobbiamo attendere la fine della guerra fratricida che imperversa in Italia: quella fra il commercio privato e le cooperative dei produttori.
Da qui nasce tutto il disastro che oggi ci troviamo davanti: Il produttore individua nella distribuzione forze a lui ostili che secondo lui non fanno altro che sfruttarlo. La politica accetta questa tesi e l’aiuta con importanti finanziamenti ad organizzarsi in proprio. Il risultato sono le organizzazioni dei produttori come sono oggi: una entità mercantile che continua ad orientarsi alla produzione invece che al mercato.
La prova ne sono il sentimento ostile nei confronti della distribuzione che traspare da ogni dichiarazione dei dirigenti di Coldiretti, CIA ecc ed adesso anche dal ministro dell’agricoltura, l’assenza di collaborazione fra produzione e commercio a livello di import export e gli scarsi investimenti in ricerca di mercato (per conoscere il consumatore) e di promozione (per informare il consumatore.
Purtroppo la guerra è stata persa dagli specialisti dei mercati internazionali, gli esportatori indipendenti, ed insieme a loro l’Italia ha perso sia il know how di tante generazioni e l’intuizione e la propensione al rischio necessaria ad ogni penetrazione di mercato.
Va dato atto agli operatori agricoli che la politica italiana da decenni rivolge tutte le sue attenzioni unicamente al mondo industriale non imitando in questo i governi di stati ben più industrializzati come la Francia, la Germania e gli stessi Stati Uniti.
I rimedi oggi
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Partendo da questi presupposti e partendo anche dalla crisi attuale innegabile che dimostra l’incapacità della produzione ad uscire da sola da questo impasse c’è solo la strada della scienza che, al di sopra di tutti i preconcetti emotivi possa individuare ed indicare la giusta via: Un’importante istituzione come la Vostra Università potrebbe mettersi a capo di una profonda revisione di tutte le politiche recenti proponendo terapie scientificamente accettate ed auspicate da tutti.
Credo che la scienza del marketing (che ho studiato personalmente alla Bocconi di Milano quando ho frequentato per primo del nostro settore un corso specializzato di tre mesi nel 1984 per utilizzarla in occasione del lancio del marchio della ciliegia VIGNOLA) possa essere di grande aiuto ed essere accolto dalle menti più illuminate del nostro mondo.
Riposizionarci pensando al mercato e le sue esigenze per arrivare all’adeguamento della produzione attraverso lo studio della concorrenza e di tutti gli altri strumenti che abbiamo a disposizione. E, come Lei perfettamente sa, i fondi non mancano.
Mi immagino che l’esito di una siffatta terapia debba passare obbligatoriamente da un ripensamento della filiera distributiva dimenticando la concezione di “entità parassitaria” troppo spesso inculcata nelle menti di produttori e consumatori. Bisogna invece accettarla come necessario anello di congiunzione con la gente che ha bisogno di comprare e mangiare tranquillamente ortofrutta sana ed al prezzo giusto. Per poterlo fare nel modo adeguato è certamente necessaria una serie di servizi molto perfezionati ma anche costosi offerti sulla strada fra produzione e consumo.
Ci vorrà poi una rivalutazione della dimensione aziendale a ogni livello e la comprensione oltre che la collaborazione dei produttori con la filiera distributiva (non solo quella della GDO ma anche quella intermedia che occupa le nicchie ed apre i nuovi mercati).
Bisogna infine investire in promozione, pubbliche relazioni e pubblicità per convincere gli italiani dell’importanza per la salute del consumo di prodotti ortofrutticoli freschi visto che i concorrenti del mondo dei succedanei è talmente agguerrita da far addirittura cambiare abitudini alimentari a un popolo intero, contro ogni buon senso.
Caro professore, un Suo commento sarebbe molto gradito anche per approfondire questa tematica. Spero di vederLa a Cesena dopodomani.
Cordialmente
Rolando Drahorad
Cell.: 348 700 6290
Vignola, 4 Novembre 2009
domenica 8 novembre 2009
DISASTRO PESCHE 2009: Ricetta buona, terapia sbagliata
Come ogni anno le camere di commercio di Forlì e Ravenna hanno organizzato il convegno che fa il punto sulla situazione del comparto pesche - nettarine.
Qui vorrei esaminare solo qualche dettaglio della seconda giornata che si è occupata degli aspetti commerciali.
La ricetta buona è quella che il team dell'Università di Bologna porta avanti non da oggi, la terapia sbagliata è quella politica che indirizza le sue attenzioni solo ai due estremi della filiera: la Produzione Organizzata e la Grande Distribuzione.
Visto che da decenni vengono fortemente agevolate e perciò finanziate le organizzazioni dei produttori senza ottenere i risultati auspicati ci dobbiamo tutti chiedere se non è il caso di allargare lo sguardo.
Al convegno è stato detto da autorevoli studiosi ed anche da operatori del settore che a tutt'oggi la produzione organizzata, anchee in Romagna dov'è organizzata al massimo, non supera il 35 percento. Non vuol dire questo che gli altri due terzi dei frutticoltori si sentono più a loro agio se possono rimanere liberi e trovare sul mercato le soluzioni che servono? Non vuol dire questo che le cooperative non sono riuscite a convincere con i fatti, le liquidazioni, una buona parte dei produttori agricoli?
La verità è che la teoria non conferma la pratica. La teoria, sia di tanti agricoltori come anche di tanti politici, è quella della necessità di accorciare la catena della distribuzione. La pratica ci dimostra che anche laddove questo avviene, non si raggiungono risultati apprezzabili. Parlo dei casi dove la GDO si approvvigiona direttamente alla produzione come oggi avviene nella maggior parte dei casi. Non si riesce a realizzare remunerazioni più consone per la produzione e non si riesce ad offrire prezzi più bassi ai consumatori.
La Proposta: L'università si attiene giustamente ai dettami della scienza di marketing di M. Potter che richiede di orientarsi al mercato e di fare sempre quel che il consumatore preferisce. Richiede anche l'identificazione del prodotto con le relative garanzie di continuità nella qualità e nella disponibilità.
Sta adesso alle menti più più aperte del sistema ortofrutticolo italiano ad interpretare queste esigenze e di proporre e perseguire le relative politiche. Ma sia chiaro: senza trovare un metodo cche coinvolga la maggioranza del sistema peschicolo (domani anche quello ortofrutticolo) non si andrà da nessuna parte. Pertanto è necessario aprire il dialogo a tutti gli attori della filiera distribuendo le risorse per tutti gli scopi e non solo per quelle fissate dalla politica.
Non mi sembra che ci siano altri paesi molto più contenti della situazione del nostro e non ci sono pertanto regole da copiare. Da sempre l'U.E. detta le sue leggi che mirano alla concentrazione dell'offerta attraverso l'associazionismo dei produttori. Ma se queste regole vanno bene in Olanda o anche in Alto Adige non è detto che siano attuabili nelle economie mediterranee. Forse in quelle un commercio più forte potrebbe essere la soluzione. In quel caso i fondi per la promozione dovrebbero essere elargite a chi commercializza. Ma come abbiamo sentito a Cesena a commercializzare non ci sono solo le O.P ma c'è un buon 65-70 % che si arrabatta come può.
Ma questo "come può" non significa per niente dare meno al produttore e far pagare di più al consumatore. Basta intervistare i produttori che vendono attraverso il commerciante ed i mercati all'ingrosso e fare una ricerca sui punti vendita che espongono i prezzi al dettaglio. Ho l'impressione che il risultato sarà che tutti siamo nella stessa barca. Ma in una barca che fa acqua e che potrebbe però essere riparata! Anzi, DEVE ESSERE RIPARATA!
Qui vorrei esaminare solo qualche dettaglio della seconda giornata che si è occupata degli aspetti commerciali.
La ricetta buona è quella che il team dell'Università di Bologna porta avanti non da oggi, la terapia sbagliata è quella politica che indirizza le sue attenzioni solo ai due estremi della filiera: la Produzione Organizzata e la Grande Distribuzione.
Visto che da decenni vengono fortemente agevolate e perciò finanziate le organizzazioni dei produttori senza ottenere i risultati auspicati ci dobbiamo tutti chiedere se non è il caso di allargare lo sguardo.
Al convegno è stato detto da autorevoli studiosi ed anche da operatori del settore che a tutt'oggi la produzione organizzata, anchee in Romagna dov'è organizzata al massimo, non supera il 35 percento. Non vuol dire questo che gli altri due terzi dei frutticoltori si sentono più a loro agio se possono rimanere liberi e trovare sul mercato le soluzioni che servono? Non vuol dire questo che le cooperative non sono riuscite a convincere con i fatti, le liquidazioni, una buona parte dei produttori agricoli?
La verità è che la teoria non conferma la pratica. La teoria, sia di tanti agricoltori come anche di tanti politici, è quella della necessità di accorciare la catena della distribuzione. La pratica ci dimostra che anche laddove questo avviene, non si raggiungono risultati apprezzabili. Parlo dei casi dove la GDO si approvvigiona direttamente alla produzione come oggi avviene nella maggior parte dei casi. Non si riesce a realizzare remunerazioni più consone per la produzione e non si riesce ad offrire prezzi più bassi ai consumatori.
La Proposta: L'università si attiene giustamente ai dettami della scienza di marketing di M. Potter che richiede di orientarsi al mercato e di fare sempre quel che il consumatore preferisce. Richiede anche l'identificazione del prodotto con le relative garanzie di continuità nella qualità e nella disponibilità.
Sta adesso alle menti più più aperte del sistema ortofrutticolo italiano ad interpretare queste esigenze e di proporre e perseguire le relative politiche. Ma sia chiaro: senza trovare un metodo cche coinvolga la maggioranza del sistema peschicolo (domani anche quello ortofrutticolo) non si andrà da nessuna parte. Pertanto è necessario aprire il dialogo a tutti gli attori della filiera distribuendo le risorse per tutti gli scopi e non solo per quelle fissate dalla politica.
Non mi sembra che ci siano altri paesi molto più contenti della situazione del nostro e non ci sono pertanto regole da copiare. Da sempre l'U.E. detta le sue leggi che mirano alla concentrazione dell'offerta attraverso l'associazionismo dei produttori. Ma se queste regole vanno bene in Olanda o anche in Alto Adige non è detto che siano attuabili nelle economie mediterranee. Forse in quelle un commercio più forte potrebbe essere la soluzione. In quel caso i fondi per la promozione dovrebbero essere elargite a chi commercializza. Ma come abbiamo sentito a Cesena a commercializzare non ci sono solo le O.P ma c'è un buon 65-70 % che si arrabatta come può.
Ma questo "come può" non significa per niente dare meno al produttore e far pagare di più al consumatore. Basta intervistare i produttori che vendono attraverso il commerciante ed i mercati all'ingrosso e fare una ricerca sui punti vendita che espongono i prezzi al dettaglio. Ho l'impressione che il risultato sarà che tutti siamo nella stessa barca. Ma in una barca che fa acqua e che potrebbe però essere riparata! Anzi, DEVE ESSERE RIPARATA!
lunedì 7 settembre 2009
D'accordo con Tremonti ma serve un credito mirato e non a pioggia
A Cernobbio Tremonti ha detto fra l'altro «Noi vorremmo che alle imprese vada la massima quantità possibile di denaro, ma in tutta Europa c'è una tendenza opposta da parte delle banche. La tendenza delle banche è a fare credit trade, cioè prendere soldi a zero e impiegarli. Sono capaci anche i bambini a fare le trimestrali così».
Avrà anche ragione ma il credito va dato a chi se lo merita. E' questo il criterio che va rivisto. E' facile concedere finanziamenti a chi ha solide garanzie (magari con proprie firme su capitali investiti altrove) ma ci sono anche soggetti che meritano credito solo per la serietà dimostrata in anni di rispetto delle leggi e per la bontà delle proprie idee e dei loro progetti per il futuro.
Queste ditte sono le prime a condannare gli affidamenti a concorrenti che da anni stanno sul mercato solo perchè copiano, sfruttano il lavoro nero ed hanno gli appoggi politici giusti condannando i veri giusti (che fra l'altro pagano le tasse) a vivere ai margini.
Avrà anche ragione ma il credito va dato a chi se lo merita. E' questo il criterio che va rivisto. E' facile concedere finanziamenti a chi ha solide garanzie (magari con proprie firme su capitali investiti altrove) ma ci sono anche soggetti che meritano credito solo per la serietà dimostrata in anni di rispetto delle leggi e per la bontà delle proprie idee e dei loro progetti per il futuro.
Queste ditte sono le prime a condannare gli affidamenti a concorrenti che da anni stanno sul mercato solo perchè copiano, sfruttano il lavoro nero ed hanno gli appoggi politici giusti condannando i veri giusti (che fra l'altro pagano le tasse) a vivere ai margini.
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Tremonti
martedì 1 settembre 2009
UN CONTADINO CHE REGALA IL SUO RACCOLTO E' MATTO?
A Bagnacavallo di Romagna una famiglia di produttori ortofrutticoli decide di regalare le sue pesche piuttosto che venderle a una frazione del costo di produzione.
Io dico che regalare può anche essere un bel gesto. Spesso nella mia lunga carriera di operatore commerciale ho sentito propositi come questo. Ma quasi sempre il proprietario del frutteto ha preferito evitare il pericolo di danneggiamenti prevedibili nel caso di raccoglitori privati inesperti. Per non parlare dei pericoli che potrebbe correre in caso di infortuni sempre possibili.
Ma vorrei fare pensare senza il condizionamento del momento tragico che si verifica in occasione della coincidenza di tanti fattori economici negativi come in questo momento.
1) Il contadino è un imprenditore che deve saper giudicare il grado di rischio che corre nell'esplicitare il suo mestiere. In aperta campagna questo rischio è già ingigantito dal fattore meteorologico che può anche distruggere il raccolto di un anno. Ma è per questo che tutti i conti ben fatti si basano sulla media di almeno 5 anni.
2) Ci sono possibilità di assicurarsi contro i rischi di grandine ed anche contro altri rischi.
3) I produttori spesso si riuniscno con altri produttori vicini per organizzare altre difese anche economiche.
4) a livello comunitario sono previsti interventi a sostegno dei prezzi che in questi ultimi tempi sono diventati più complicati. Sono anche stati diradati per la protesta dei consumatori che non tolleravano più la vista dei buldozer che schiacciavano frutta buona.
5) le difese attualmente previste dai trattati comunitari esigono pianificazione e rapidità di interventi che quest'estate si sono dimostrate inefficienti.
6) Ricorrere alle accuse di inefficienza e di speculazione della catena distributiva non ha senso perchè essa ha gli stessi interessi dei produttori: guadagnare il giusto ed aumentare le vendite. Purtroppo anche qui ci troviamo di fronte a organizzazioni mastodontiche che avrebbero bisogno di programmazione almeno a medio termine.
MA LA NOSTRA PRODUZIONE non ha ancora la cultura di accettare prezzi stagionali ed ancora oggi preferisce cercare i facili guadagni di un momento di scarsità che non la tranquillità di una prezzo deciso a tavolino 6 mesi prima dell'inizio della stagione.
FINCHE' NON CI DECIDIAMO A REGOLARE AFFLUSSO DELLE MERCI VERSO LA DISTRIBUZIONE AL DETTAGLIO UTILIZZANDO PER ALTRI SCOPI LA SOVVRAPRODUZIONE (SE NON DISTRUGGERLA) NON POTREMO EVITARE PERIODI DI MISERIA COME QUELLI CHE VIVIAMO QUEST'ESTATE.
LA DIMINUIZIONE DEL CONSUMO ANCHE SOLO DEL 5 % INSIEME AD UN AUMENTO DI PRODUZIONE MINIMO GENERANO UN SURPLUS DI QUANTITATIVI CHE DANNO IN MANO UN'ARMA LETALE AI COMPRATORI DELLE POCHE GROSSE CATENE DI SUPERMERCATI. ESSI PREFERISCONO MANTENERE STABILI I PREZZI AL CONSUMO E METTERE IN CASSA I RISPARMI PERMESSI DAGLI SCONTI FATTI DAI FORNITORI. ALMENO POTRANNO MANTENERE STABILI I PREZZI ANCHE IN CASO DI NUOVI FUTURI AUMENTI DEI PREZZI D'ACQUISTO PREVENENDO LE DENUNCE DI AUMENTO DELLE ORANIZZAZIONI DEI CONSUMATORI.
Io dico che regalare può anche essere un bel gesto. Spesso nella mia lunga carriera di operatore commerciale ho sentito propositi come questo. Ma quasi sempre il proprietario del frutteto ha preferito evitare il pericolo di danneggiamenti prevedibili nel caso di raccoglitori privati inesperti. Per non parlare dei pericoli che potrebbe correre in caso di infortuni sempre possibili.
Ma vorrei fare pensare senza il condizionamento del momento tragico che si verifica in occasione della coincidenza di tanti fattori economici negativi come in questo momento.
1) Il contadino è un imprenditore che deve saper giudicare il grado di rischio che corre nell'esplicitare il suo mestiere. In aperta campagna questo rischio è già ingigantito dal fattore meteorologico che può anche distruggere il raccolto di un anno. Ma è per questo che tutti i conti ben fatti si basano sulla media di almeno 5 anni.
2) Ci sono possibilità di assicurarsi contro i rischi di grandine ed anche contro altri rischi.
3) I produttori spesso si riuniscno con altri produttori vicini per organizzare altre difese anche economiche.
4) a livello comunitario sono previsti interventi a sostegno dei prezzi che in questi ultimi tempi sono diventati più complicati. Sono anche stati diradati per la protesta dei consumatori che non tolleravano più la vista dei buldozer che schiacciavano frutta buona.
5) le difese attualmente previste dai trattati comunitari esigono pianificazione e rapidità di interventi che quest'estate si sono dimostrate inefficienti.
6) Ricorrere alle accuse di inefficienza e di speculazione della catena distributiva non ha senso perchè essa ha gli stessi interessi dei produttori: guadagnare il giusto ed aumentare le vendite. Purtroppo anche qui ci troviamo di fronte a organizzazioni mastodontiche che avrebbero bisogno di programmazione almeno a medio termine.
MA LA NOSTRA PRODUZIONE non ha ancora la cultura di accettare prezzi stagionali ed ancora oggi preferisce cercare i facili guadagni di un momento di scarsità che non la tranquillità di una prezzo deciso a tavolino 6 mesi prima dell'inizio della stagione.
FINCHE' NON CI DECIDIAMO A REGOLARE AFFLUSSO DELLE MERCI VERSO LA DISTRIBUZIONE AL DETTAGLIO UTILIZZANDO PER ALTRI SCOPI LA SOVVRAPRODUZIONE (SE NON DISTRUGGERLA) NON POTREMO EVITARE PERIODI DI MISERIA COME QUELLI CHE VIVIAMO QUEST'ESTATE.
LA DIMINUIZIONE DEL CONSUMO ANCHE SOLO DEL 5 % INSIEME AD UN AUMENTO DI PRODUZIONE MINIMO GENERANO UN SURPLUS DI QUANTITATIVI CHE DANNO IN MANO UN'ARMA LETALE AI COMPRATORI DELLE POCHE GROSSE CATENE DI SUPERMERCATI. ESSI PREFERISCONO MANTENERE STABILI I PREZZI AL CONSUMO E METTERE IN CASSA I RISPARMI PERMESSI DAGLI SCONTI FATTI DAI FORNITORI. ALMENO POTRANNO MANTENERE STABILI I PREZZI ANCHE IN CASO DI NUOVI FUTURI AUMENTI DEI PREZZI D'ACQUISTO PREVENENDO LE DENUNCE DI AUMENTO DELLE ORANIZZAZIONI DEI CONSUMATORI.
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I PRODUTTORI PIANGONO ma non riusciamo a portare a casa i sussidi di Bruxelles
AGRISOLE 24 ORE pubblica oggi 1. settembre 2009 un'altro articolo che ci fa piangere: è l'esame delle cifre che il MIPAAF fornisce e che riguardano lo stato dell'arte della ripartizione dei fondi assegnati a ogni stato membro nel quadro dei piani di sviluppo rurale 2007-2013 (Psr): sul totale di € 16,7 Mrd assegnato all'Italia per il quinquennio in corso finora siamo riusciti a portare a casa 1,5 Mrd ( il 9,1%)
Voglio qui esaminare con l'aiuto di un benchmark questa performance e prendo per esempio la provincia di Bolzano che ha già nel fienile il 29,6 percento (e 92,5 mln sui € 312 di budget iscritto).
Se tutt'Italia avesse fatto altrettanto avrebbe già incassato quansi € 5 Mrd. al posto dei 1,5 menzionati prima. Ma non è detto che si possa fare anche meglio.
Perchè Bolzano ci riesce ed il resto d'Italia no (la performance per dir la verità varia da un 3,7 % della Campania al 22,3 % delle Marche)?
I fattori sfruttati bene da Bolzano e che potrebbero essere d'esempio per le altre regioni sono:
- fin dai tempi dell'esistenza del mercato comune a sei nazioni Bolzano ha sempre concentrato molto interesse ed anche investito molti fondi per i collegamenti con gli uffici di Bruxelles
- Il fattore conoscenza lingue ha senz'altro favorito l'invio in Belgio di personale specializzato e motivato
- la presentazione di piani ben studiati e cofinanziati con la giusta tempistica hanno favorito l'inserimento nelle liste in tempo utile e redditizio
- la poca litigiosità e la collaborazione delle varie categorie professionali hanno permesso la concentrazione su pochi settori del vasto mondo agricolo permettendo un lobbying preciso ed efficace
- la presenza di pochi partiti politici ha facilitato decisioni e cofinanziamenti necessari in tempi ristretti.
Visto il benchmark italiano esistente è impossibile arrivare a risultati almeno simili in un prossimo futuro almeno in alcune regioni italiane che si considerano ben amministrate??
Voglio qui esaminare con l'aiuto di un benchmark questa performance e prendo per esempio la provincia di Bolzano che ha già nel fienile il 29,6 percento (e 92,5 mln sui € 312 di budget iscritto).
Se tutt'Italia avesse fatto altrettanto avrebbe già incassato quansi € 5 Mrd. al posto dei 1,5 menzionati prima. Ma non è detto che si possa fare anche meglio.
Perchè Bolzano ci riesce ed il resto d'Italia no (la performance per dir la verità varia da un 3,7 % della Campania al 22,3 % delle Marche)?
I fattori sfruttati bene da Bolzano e che potrebbero essere d'esempio per le altre regioni sono:
- fin dai tempi dell'esistenza del mercato comune a sei nazioni Bolzano ha sempre concentrato molto interesse ed anche investito molti fondi per i collegamenti con gli uffici di Bruxelles
- Il fattore conoscenza lingue ha senz'altro favorito l'invio in Belgio di personale specializzato e motivato
- la presentazione di piani ben studiati e cofinanziati con la giusta tempistica hanno favorito l'inserimento nelle liste in tempo utile e redditizio
- la poca litigiosità e la collaborazione delle varie categorie professionali hanno permesso la concentrazione su pochi settori del vasto mondo agricolo permettendo un lobbying preciso ed efficace
- la presenza di pochi partiti politici ha facilitato decisioni e cofinanziamenti necessari in tempi ristretti.
Visto il benchmark italiano esistente è impossibile arrivare a risultati almeno simili in un prossimo futuro almeno in alcune regioni italiane che si considerano ben amministrate??
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lunedì 8 giugno 2009
Elezione politiche viste in controtendenza: solo gli aspetti positivi
Oggi lunedì 8 giugno è certamente ancora presto per dare giudizi definitivi ma sulle Europee si sa già abbastanza per dare un parere:
Astensionismo: Prima di tutto siamo i primi su 27 stati dell Unione nella classifica della partecipazione ed una volta tanto non siamo i primi in senso negativo. Inoltre credo che in tutte le democrazie assestate, dove è assicurata la possiblità dell'alternanza, sia già molto che un cittadino su due (cioè il 50 %)senta la responsabilità di seguire le vicende politiche e cerchi di dare un indirizzo adeguato alle sue aspettative ed a quelle della sua famiglia o del suo ambiente economico.
Maggioranza: Aver aumentato nel corso degli ultimi 5 anni il consenso nelle Europee del 3 %, anche in presenza di una crisi economica epocale lo vedo come un grande risultato. E' stato senz'altro merito di Berlusconi ma anche della sua capacità di dare sempre nuovi obiettivi, in questo caso era il traguardo del 40 % per la nuova PDL. E questo nonostante tutto il fango che gli è stato gettato adosso per vicende che con la politica hanno ben poco da fare. Che la LEGA abbia guadagnato invece prepotentemente lo vedo come un fatto positivo perchè si tratta di una forza nuova, giovane con le idee molto simili al resto d'Europa se le confrontiamo con i risultati elettorali emersi adesso in tanti altri paesi Europei.
Opposizione valida: E' valida quella che esprime una rappresentanza nei parlamenti, non quella che per non volersi o non potersi alleare con altri non ci riesce. IL PD non dovrebbe sentirsi fuori dai giochi ed accettare come destno un calo del 6/7 % sempre nei confronti delle Europee precedenti. In fondo nessuno si aspettava di meglio neanche i propri fedelissimi dopo un governo Prodi così difficile ed in presenza di un trend che è generale e ben visibile in tutt'Europa. Sarebbe il momento giusto per arare il campo e partire con una semina nuova che potrà dare i suoi frutti tra qualche anno. L'IDV è un anomalia e funge da raccoglitore per gli scontenti di ogni genere. L'UDC rimane la mina vagante di sempre ma finche c'è Casini non si buttera a sinistra.
Opposizione non valida: E' quella che già in casa non riesce a mettersi d'accordo su niente ed è giusto che rimanga ai margini finchè non arriverà ad esprimere idee talmente forti da poter proporre cose nuove ed accettate da oltre il 4 % dell'elettorato italiano.
Astensionismo: Prima di tutto siamo i primi su 27 stati dell Unione nella classifica della partecipazione ed una volta tanto non siamo i primi in senso negativo. Inoltre credo che in tutte le democrazie assestate, dove è assicurata la possiblità dell'alternanza, sia già molto che un cittadino su due (cioè il 50 %)senta la responsabilità di seguire le vicende politiche e cerchi di dare un indirizzo adeguato alle sue aspettative ed a quelle della sua famiglia o del suo ambiente economico.
Maggioranza: Aver aumentato nel corso degli ultimi 5 anni il consenso nelle Europee del 3 %, anche in presenza di una crisi economica epocale lo vedo come un grande risultato. E' stato senz'altro merito di Berlusconi ma anche della sua capacità di dare sempre nuovi obiettivi, in questo caso era il traguardo del 40 % per la nuova PDL. E questo nonostante tutto il fango che gli è stato gettato adosso per vicende che con la politica hanno ben poco da fare. Che la LEGA abbia guadagnato invece prepotentemente lo vedo come un fatto positivo perchè si tratta di una forza nuova, giovane con le idee molto simili al resto d'Europa se le confrontiamo con i risultati elettorali emersi adesso in tanti altri paesi Europei.
Opposizione valida: E' valida quella che esprime una rappresentanza nei parlamenti, non quella che per non volersi o non potersi alleare con altri non ci riesce. IL PD non dovrebbe sentirsi fuori dai giochi ed accettare come destno un calo del 6/7 % sempre nei confronti delle Europee precedenti. In fondo nessuno si aspettava di meglio neanche i propri fedelissimi dopo un governo Prodi così difficile ed in presenza di un trend che è generale e ben visibile in tutt'Europa. Sarebbe il momento giusto per arare il campo e partire con una semina nuova che potrà dare i suoi frutti tra qualche anno. L'IDV è un anomalia e funge da raccoglitore per gli scontenti di ogni genere. L'UDC rimane la mina vagante di sempre ma finche c'è Casini non si buttera a sinistra.
Opposizione non valida: E' quella che già in casa non riesce a mettersi d'accordo su niente ed è giusto che rimanga ai margini finchè non arriverà ad esprimere idee talmente forti da poter proporre cose nuove ed accettate da oltre il 4 % dell'elettorato italiano.
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domenica 29 marzo 2009
Crisi, abbiamo toccato il fondo?
Dopo mesi di peggioramenti in tutti i sensi questo mese di marzo ci ha portato qualche segnale positivo. Se anche le fabbriche sono ancora ferme le borse non scendono più ma anzi da 2 settimane tentano di risalire. Anche il petrolio ha raggiunto di nuovo quota € 50 al barile dopo aver navigasto per mesi su base € 40-45.
Ma lo sfasamento fra le due realtà è di almeno 6 mesi perchè i mercati si sono fermati alla fine dell'estate scorsa mentre gli stabilimenti hanno ancora lavorato fino a fine anno ed anche fino alla fine di febbraio. Poi li ordini non c'erano più ed anche gli imprenditori più avveduti o più fortunati hanno dovuto ricorrere a cassa intgegrazione, licenziamenti, disoccupuazione o alle ferie forzate.
In seguito agli incentivi del governo per la rottamazione ed a favore delle autovetture ecologiche il calo delle vendite è rallentato in tutt'Europa.
Ma l'ortofrutta dove si colloca? Un giudizio preciso è impossibili perchè il raffronto con 12 mesi fa è influenzato dalle condizioni meteo completamente diverse. Da un lato le produzioni di frutta invernale immagazzinata per la lunga conservazione sono state di gran lunga superiori per mele e kiwi e deficitarie per le pere. Gli agrumi hanno invece sofferto in modo incredibile sotto le continue precipitazioni che da tantissimi anni non erano così copiose durante i mesi invernali. Lo stesso vale anche per le verdure che hanno visto i raccolti falcidiati dalle piogge e se anche hanno spuntato prezzi alti non riescono a raggiungere livelli ricavi economicamente validi.
Il giudizio vuole pertanto rinviato di altri 2-3 mesi ma forse siamo oggi un po' meno pessimisti di ieri e dell'altroieri!
Ma lo sfasamento fra le due realtà è di almeno 6 mesi perchè i mercati si sono fermati alla fine dell'estate scorsa mentre gli stabilimenti hanno ancora lavorato fino a fine anno ed anche fino alla fine di febbraio. Poi li ordini non c'erano più ed anche gli imprenditori più avveduti o più fortunati hanno dovuto ricorrere a cassa intgegrazione, licenziamenti, disoccupuazione o alle ferie forzate.
In seguito agli incentivi del governo per la rottamazione ed a favore delle autovetture ecologiche il calo delle vendite è rallentato in tutt'Europa.
Ma l'ortofrutta dove si colloca? Un giudizio preciso è impossibili perchè il raffronto con 12 mesi fa è influenzato dalle condizioni meteo completamente diverse. Da un lato le produzioni di frutta invernale immagazzinata per la lunga conservazione sono state di gran lunga superiori per mele e kiwi e deficitarie per le pere. Gli agrumi hanno invece sofferto in modo incredibile sotto le continue precipitazioni che da tantissimi anni non erano così copiose durante i mesi invernali. Lo stesso vale anche per le verdure che hanno visto i raccolti falcidiati dalle piogge e se anche hanno spuntato prezzi alti non riescono a raggiungere livelli ricavi economicamente validi.
Il giudizio vuole pertanto rinviato di altri 2-3 mesi ma forse siamo oggi un po' meno pessimisti di ieri e dell'altroieri!
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mercoledì 11 febbraio 2009
Dopo Fruitlogistica
La settimana scorsa si è svolta la fiera Fruitlogistica a Berlino. Si tratta della più importante fiera del mondo nel settore della commericalizzazione ortofrutticola. Sono presenti tutte le ditte commericali e molte ditte dell'indotto come macchine, packaging ecc.
Abbiamo fatto una miriade di contatti, tutti con ottimi risultati. Clienti tradizionali e clienti potenzialil, tutti interessati a parlare di forniture ma tutti cauti quando si trattava di scendere nei dettagli. Perchè tutti sono legati all'andamento dei mercati che nessuno sa prevedere. La risposta più frequente quando si toccava l'argomento "crisi generale" era: la crisi c'è ma siamo contenti di non essere in certi altri settori...
Quel che domina è dunque la speranza sostenuta da pochi fatti. Esteriormente la fiera mostrava la faccia brillante come al solito. Ma tutto era stato programmato da mesi e pertanto appena agli inizi della crisi nel settembre dell'anno scorso. Il numero di visitatori comunicato dalla direzione della fiera era "uguale a quella dell'anno passato" il che sottintende che per la prima volta in tutti questi anni al contrario degli espositori non è cresciuto.
C'era solo uno spazio vuoto nel padiglione dei russi: non si era più presentata una delle maggiori ditte importatrici di quel paese che nel frattempo aveva chiuso i battenti. Nei padiglioni occupati dagli Italiani adetti al marketing business as usual con piacevole se non dominante presenza delle ditte collegate con il convenience sia nei macchinari che nelle merci già confezionate.
Quella che dunque è mancata è la programmazione delle stagioni future che era il fulcro dell'incontro di Berlino. Tutto è ancora da inventare e da adeguare.
Abbiamo fatto una miriade di contatti, tutti con ottimi risultati. Clienti tradizionali e clienti potenzialil, tutti interessati a parlare di forniture ma tutti cauti quando si trattava di scendere nei dettagli. Perchè tutti sono legati all'andamento dei mercati che nessuno sa prevedere. La risposta più frequente quando si toccava l'argomento "crisi generale" era: la crisi c'è ma siamo contenti di non essere in certi altri settori...
Quel che domina è dunque la speranza sostenuta da pochi fatti. Esteriormente la fiera mostrava la faccia brillante come al solito. Ma tutto era stato programmato da mesi e pertanto appena agli inizi della crisi nel settembre dell'anno scorso. Il numero di visitatori comunicato dalla direzione della fiera era "uguale a quella dell'anno passato" il che sottintende che per la prima volta in tutti questi anni al contrario degli espositori non è cresciuto.
C'era solo uno spazio vuoto nel padiglione dei russi: non si era più presentata una delle maggiori ditte importatrici di quel paese che nel frattempo aveva chiuso i battenti. Nei padiglioni occupati dagli Italiani adetti al marketing business as usual con piacevole se non dominante presenza delle ditte collegate con il convenience sia nei macchinari che nelle merci già confezionate.
Quella che dunque è mancata è la programmazione delle stagioni future che era il fulcro dell'incontro di Berlino. Tutto è ancora da inventare e da adeguare.
lunedì 26 gennaio 2009
E' difficile essere ottimisti
L'andamento in casa nostra è ancora indecifrabile perchè influenzato negativamente da assenze per ferie programmate e malattie inaspettate. Ma nel frattempo si deve osservare il mondo intorno a noi.
La FIAT prevede un calo di 60.000 posti di lavoro nel settore automobilistico italiano se il governo non decide robusti aiuti; le multinaizionali Pfizer e Caterpillar hanno annunciato un taglio di 70.000 posti di lavoro; La potente RBS (Royal Bank of Scotland, scozzese) sarebbe fallita in questi giorni se il governo inglese non avesse comprato il 70 % delle sue azioni.
Non credo ci voglia altri dettagli per descrivere la grandinata di cattive notizie che arriva da tutte le parti in attesa che Barack Obama riesca a far passare il suo pacchetto di US$ 700 Mrd di aiuti a famiglie ed imprese americane. A differenza di Tremonti, ministro del Tesoro italiano, non deve temere il default del proprio sistema perchè nonostante tutto l'indebitamento non è certo al 110 % come quello italiano.
Fra pochi giorni tutto il mondo ortofrutticolo si troverà a Berlino e ci saremo anche tutti noi. Al ritorno potremo fare previsioni più dettagliate, almeno pevisioni che si basano su un gran numero di fonti.
Nel frattempo siamo sicuri che la frutta continuerà a maturare in ogni continente e che i frigoriferi italiani dovranno essere vuotati prima dell'arrivo dei nuovi raccolti. Vuol dire che i commerci non si fermeranno ma saranno solo condizionati da insufficiente domanda. A questo dato si contrappone quello dei consumi dell'anno passato che vedeva un incremento dei consumi italiani per la prima volta dopo anni di declino.
Chissa che gli italiani non abbiano voglia di consolarsi mangiando più frutta, bella, matura, dolce e succosa!
La FIAT prevede un calo di 60.000 posti di lavoro nel settore automobilistico italiano se il governo non decide robusti aiuti; le multinaizionali Pfizer e Caterpillar hanno annunciato un taglio di 70.000 posti di lavoro; La potente RBS (Royal Bank of Scotland, scozzese) sarebbe fallita in questi giorni se il governo inglese non avesse comprato il 70 % delle sue azioni.
Non credo ci voglia altri dettagli per descrivere la grandinata di cattive notizie che arriva da tutte le parti in attesa che Barack Obama riesca a far passare il suo pacchetto di US$ 700 Mrd di aiuti a famiglie ed imprese americane. A differenza di Tremonti, ministro del Tesoro italiano, non deve temere il default del proprio sistema perchè nonostante tutto l'indebitamento non è certo al 110 % come quello italiano.
Fra pochi giorni tutto il mondo ortofrutticolo si troverà a Berlino e ci saremo anche tutti noi. Al ritorno potremo fare previsioni più dettagliate, almeno pevisioni che si basano su un gran numero di fonti.
Nel frattempo siamo sicuri che la frutta continuerà a maturare in ogni continente e che i frigoriferi italiani dovranno essere vuotati prima dell'arrivo dei nuovi raccolti. Vuol dire che i commerci non si fermeranno ma saranno solo condizionati da insufficiente domanda. A questo dato si contrappone quello dei consumi dell'anno passato che vedeva un incremento dei consumi italiani per la prima volta dopo anni di declino.
Chissa che gli italiani non abbiano voglia di consolarsi mangiando più frutta, bella, matura, dolce e succosa!
giovedì 15 gennaio 2009
L'ortofrutta risponde male alle prime sfide del 2009
Seguo con grande apprensione il sondaggio che www.Myfruit.it pubblica su Internet. Da 5-6 giorni alle tre domande chiave in bella vista nella home page di quel sito i visitatori rispondono in massa ma purtroppo il risultato è quello previsto: il 60 % è sicuro che l'apertura dei mercati nelle prime settimane del 2009 è stata peggiore di un anno fa, il 40 % non vede cambiamenti e n e s s u n voto viene assegnato alla risposta "va meglio dell'anno scorso nello stesso periodo?"!
Non ho niente da aggiungere tranne dire che 15 mesi fa i raccolti autunnali non erano copiosi come quelli dei 2008 (tranne per le pere) e che dopo un anno buono spesso subentra un'annata di segno opposto. Speriamo che questo sia una delle cause. Altrimenti le code delle mele raccolte alla fine del 2008 intaseranno ancora i mercati nei mesi autunnali del 2009.
Non ho niente da aggiungere tranne dire che 15 mesi fa i raccolti autunnali non erano copiosi come quelli dei 2008 (tranne per le pere) e che dopo un anno buono spesso subentra un'annata di segno opposto. Speriamo che questo sia una delle cause. Altrimenti le code delle mele raccolte alla fine del 2008 intaseranno ancora i mercati nei mesi autunnali del 2009.
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