Ce l'ha o non ce l'ha?
Dopo la pubblicazione da parte di FRESHPLAZA.IT in data 4 Dicembre della mia lettera al Prof. Pizzoli della facoltà di agraria dell'Università di Bologna uno dei primi commenti che ho sentito è quello qui riportato nel titolo. Il testo di quella lettera è riportato nel mio blog precedente.
Avevo sostentuto che parte delle colpe per il negativo andamento della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli italiani è da ricondurrsi alla prevalenza dell'orientamente alla produzinoe, al prodotto, del management di molte cooperative ortofrutticole. Avevo anche sostenuto che la non comprensione delle problematiche della filiera distributiva e la conseguente politca governativa degli ultimii 40 anni ha fatto perdere una parte considerevole del know how riferito ai mercati internazionali in conseguenza della sistematica messsa in angolo della commercializzazione privata che era rappressentata, e in certe zonevienne rappresentata ancora, da ditte ben attrezzate per il commercio internazionale, i cosidetti esportatori.
La tendenza è ancora in atto ed oggi si esprime nelle prese di posizione delle grandi organizzzazioni dei produttori che si pronunciano contro la Grande Distribuzione e tentano la propria strada al dettaglio organizzando e finanziando (con soldi pubblici) iniziative come i mercati del contadino, il mercato amico, il KM zero.
Il mio pensiero:
Vorrei qui meglio precisare il mio pensiero: Ritengo del tutto logico e leggittimo la formazione di gruppi di produttori che s'incaricano della conservazione, della lavorazione e della commercializzazione dei loro prodotti. A patto che il mercato sia lasciato libero ed i finanziamenti, veramente necessari, arrivino in egual misura a tutti gli interessati. Finanziare la produzione è una cosa, finanziare le operazioni commerciali è un'altra.
Da 40 anni questo distinguo non avviene ma per stare nel politically correct non lo si può dire. Sarà necessario anche in questo caso l'intervento di qualcuno o di qualche cosa che "sdogani" chi ha sempre portato avanti un pensiero "liberistico". La mia teoria è che per avere un'organizzazione della commercializzazione dell'ortofrutta efficiente c'è bisongo di ogni variante delle sue componenti. Se è vero che il 50-60 % delle vendite al dettaglio sono nelle mani dalla GDO è pur vero che il mancante 40-50 % ha bisogno di altre strade. Accanto alla GDO ci saranno i mercatini rionali, Il catering per la HORECA, i fruttivendoli.
Per rifornire tutti questi servono politiche ed attività molto specializzate che si servono di un altro anello della catena: gli operatori all'ingrosso dentro e fuori dai mercati generali, gli agenti ed i rappresentanti, le società import-export, .
Queste ultime hanno un ruolo particolare perchè sono loro le punte di diamente da usare anche per arrivare sui mercati lontani e pertanto più complicati e più pericolosi, oltre che nell nicchie di nercato che ormai sono in ogni angolo, in Italia, in Europa e nel mondo.
Se il legislatore continua a sovvenzionare esclusivamente i produttori, offrendo i necessasri finanziamenti solo a loro per arrivare con l'offerta concentrata ai supermercati, per forza di cose l'altra metà della filiera inaridisce.
Ed ecco la principale causa dei mali della nostra commercialilzzazione: la mancanza di tutti gli attorineccessari per commercializzzare un quantitativo così vasto di prodotti ortofrutticoli che giornalmente deve raggiungere le bocche di ogni dove.
Non dimentichiamo che sentiamo da tempo che l'Italia produce più del fabbisogno nazionale e che dunque l'esportazione è necessaria. Ed è anche l'unica via per smaltire la merce qui prodotta e che qui trova un consumo in declino da anni per vari motivi, e non solo per la crisi attuale.
Il Marketing.
Fin qui ho parlato della commercializzazione. Manca un'altro strumento raramente utilizzato: il Marketing. E' uno strumento che si basa su un prodotto certo e standardizzato, sulla ricerca di mercato e sullas comunicazione pubblicitaria. In questo campo saranno necessario idee nuove ed un grande impegno di tutti per promuovere un prodotto, un marchio, un sistma regionale o di paese che possa imporrsi sui mercati globali. E' qui che la teoria e la scienza devono intervenire, è qui che le grandi menti del nostro sistema ortofrutticolo devono applilcarsi.
P.S.: Conosco l'OCM e una buona parte delle sue implicazioni. La ritengo però figlia di una strategia comunitaria che non ha portato vantaggi tangibili ai produttori europei se ancora oggi, dopo 50 anni di MEC (mercato europeo comune), osserviamo ancora l'assoluta supremazia dei prodotti americani sui mercati mondiali.
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