Da tempo si è scatenata la querelle sollevata dai propositi della commissione dell'Unione Europea ad aprire ai prodotti del Marocco mediante un trattato ad hoc per quel paese. Non c'è dubbio che i prodotti marocchini hanno conquistato importanti quote di mercati in molte specie fin da quando negli anni '60 i tedeschi si sono accorti che le arance di quel paese, già alora commercializzate sotto il marchio MAROC erano fra le migliore del mondo.
Da allora anche con l'aiuto di zelanti esportatori spagnoli e produttori olandesi ed inglesi le produzioni ortofrutticole di questo paese magrebino si sono specializzate aumentando di volume di anno in anno fino a costituire una vera spina al fianco della pur effeciente produzione spagnola.
Quando l'U.E. ha proposto il trattato speciale per il Marocco anche per i prodotti ortofrutticoli la federazione spagnola FEPEX si è opposta con grande decisione ed ha fatto ogni passo possibile per evitare il libero accesso di quelle merci.
Di nuovo in questi giorni la commissione di Bruxelles ha confermato questi propositi ed adesso l'ultima carta la deve giocare il parlamento di Strassburgo che, come ci ha raccontato anche nel convegno presso l'università di Bologna dell'ultima settimana di Gennaio il presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo di quel parlamento Paolo De Castro, ha l'ultima e definitiva parola. La riunione relativa si dovrà svolgere fra il 13 ed il 16 di Febbraio.
martedì 31 gennaio 2012
STOP AL MAROCCO SI O NO ?
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lunedì 30 gennaio 2012
UN BUON MOMENTO PER LA COMUNCAZIONE ORTOFRUTTICOLA
Pochi giorni fa al Grand Hotel Carlton di Bologna il CSO ha presentato una campagna divulgativa chiamata ORTOFRUTTA d'ITALIA, Sapori e Qualità, destinata in futuro ad avvicinare il consumatore italiano di ortofrutta maggiormente al mondo della produzione e della distribuzione di questo prodotto alimentare così genuino. I consumi calanti da anni e l'obesità crescente delle giovani generazioni avrebbero richiesto un intervento di questo genere da tempo. Meglio tardi che mai! C'è solo da augurarsi che i mezzi messi a disposizione siano impiegati efficacemente e che durino nel tempo.
Il secondo evento di grande impatto perchè innovativo è la collaborazione fra 4 attori della distribuzione ortofrutticola che per la prima volta si rivolgono ai fruttivendoli, al dettaglio tradizionale. Orsero, Apofruit, Melinda e St. Orsola uniscono le forze in un progetto chiamato MAGIC CODE pensato per coinvolgere maggiormente ed in forma moderna l'ultimo anello della catena di distribuzione, quello dei punti vendita al dettaglio. Tutta la gamma di prodotti di ottima qualità di marca vengono puntualmente distribuiti in tutt'Italia e la collaborazione dei dei fruttivendoli viene sollecitata attraverso premi e l'adizione del QR Code.
Gli addetti potranno così sapere in dettaglio quel che si nasconde dietro ogni cassetta di frutta e potranno dare informazioni sempre più dettagliate ai loro clienti. Ma anche il cliente, che ormai spesso possiede uno smartphone con l'app dell QR code, potrà informarsi sia in negozio come anche a casa sulla provenienza e le peculiarietà del prodotto da consumare.
Si tratta solo di due iniziative ma sono senz'altro segno di una nuova presa di coscienza che mette la comunicazione al primo posto. Sono ormai troppi i messaggi pubblicitari di prodotti succedanei che irorano il consumatore durante tutta la giornata e le preferenze vanno spesso laddove l'informazione porta. Non c'è da stupirsi dunque che i colossi delle merendine, della cioccolata e di tanti prodotti alimentari "alla frutta" erodono le quote del prodotto genuino, la semplice frutta fresca. Vi è da sperare che la garanzia di prodotti veramente buoni, dolci e maturi al punto giusto sia stimolo per maggior simpatia nella giusta direzione
mercoledì 25 gennaio 2012
ORTOFRUTTICOLI: LIBERALIZZAZIONE ALLA ROVESCIA
E’ stato pubblicato oggi sul Corriere ortofrutticolo online il contenuto dell’articolo no. 62 del decreto legge sulle liberalizzazioni nel comparto dell’agroalimentare chiamato DISCIPLINA DELLE RELAZIONI COMMERCIALI IN MATERIA DI CESSIONE DI PRODOTTI AGRICOLI AGROALIMNETARI.
Dal testo si evince che si tratta sopratutto dei prodotti freschi e pertanto è molto interessata anche l’ortofrutta.
Visto che si tratta di una lunga lista di divieti e di imposizioni bisogna subito stabilire che questo articolo no. 62 non può e non deve essere annoverato fra le liberalizzazioni. Pochi sono infatti le disposizioni che concedono più libertà, quasi tutte sono volte a ingabbiare il libero passaggio dell’ortofrutta fresca fra i vari anelli della filiera. Molti sono pensati in difesa del produttore non tenendo conto che il produttore è il primo interessato a tenere buoni rapporti con la distribuzione, soprattutto la Grandi Distribuzione.
Immaginiamoci ora un buyer di un supermercato alle prese con i suoi ordini giornalieri o settimanali. Si trova di fronte ai seguenti commi che brevemente riassunti recitano fra le tante altre cose come segue:
- I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano a pena di nullità la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento.
- Tra gli operatori economici è:
a) vietato imporre condizioni di acquisto o vendita ingiustificatamente gravose,
b) vietato applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;
c) vietato subordinare la conclusione alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre;
d) vietato conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali.
e) vietato adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento.
L’ortofrutta fresca dovrebbe rientrare nella descrizione b) che recita:
prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni. Ma che nel settore specifico ci siano prodotti con un shelf life di 55-60 giorni non è ancora risaputo.
Le sanzioni :
Il comma no. 1 del decreto regola tutti i contratti “che hanno per oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari e che devono essere redatti obbligatoriamente in forma scritta. Il contraente che contravviene agli obblighi di questo comma è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a € 20.000,00.
I pagamenti
Per tutti i pagamenti che vengono normati dal comma no. 1 del decreto no. 62 “il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merce deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni dalla consegna o delle relative fatture ed entro il termine di 60 giorni per tutte le altre merci".
E’ assodato che soprattutto la GDO impone spesso condizioni capestro a tutti i suoi fornitori, a quelli abituali ma ancora di più agli aspiranti. Un contratto quadro che stabilisca norme più civili è nell’interesse di tutti ed è giusto chiederlo ma è sbagliato imporlo. E’ sperabile che anche la U.E. vada in questa direzione e che tutti i suoi membri la seguano. Tenere sotto controllo i paesi terzi sarà più difficile.
La lettura di tutto il decreto è comunque indispensabile perché ci sono almeno altri sei commi che in questo breve riassunto non sono ancora stati toccati.
Dal testo si evince che si tratta sopratutto dei prodotti freschi e pertanto è molto interessata anche l’ortofrutta.
Visto che si tratta di una lunga lista di divieti e di imposizioni bisogna subito stabilire che questo articolo no. 62 non può e non deve essere annoverato fra le liberalizzazioni. Pochi sono infatti le disposizioni che concedono più libertà, quasi tutte sono volte a ingabbiare il libero passaggio dell’ortofrutta fresca fra i vari anelli della filiera. Molti sono pensati in difesa del produttore non tenendo conto che il produttore è il primo interessato a tenere buoni rapporti con la distribuzione, soprattutto la Grandi Distribuzione.
Immaginiamoci ora un buyer di un supermercato alle prese con i suoi ordini giornalieri o settimanali. Si trova di fronte ai seguenti commi che brevemente riassunti recitano fra le tante altre cose come segue:
- I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano a pena di nullità la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento.
- Tra gli operatori economici è:
a) vietato imporre condizioni di acquisto o vendita ingiustificatamente gravose,
b) vietato applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;
c) vietato subordinare la conclusione alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre;
d) vietato conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali.
e) vietato adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento.
L’ortofrutta fresca dovrebbe rientrare nella descrizione b) che recita:
prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni. Ma che nel settore specifico ci siano prodotti con un shelf life di 55-60 giorni non è ancora risaputo.
Le sanzioni :
Il comma no. 1 del decreto regola tutti i contratti “che hanno per oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari e che devono essere redatti obbligatoriamente in forma scritta. Il contraente che contravviene agli obblighi di questo comma è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516,00 a € 20.000,00.
I pagamenti
Per tutti i pagamenti che vengono normati dal comma no. 1 del decreto no. 62 “il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merce deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni dalla consegna o delle relative fatture ed entro il termine di 60 giorni per tutte le altre merci".
E’ assodato che soprattutto la GDO impone spesso condizioni capestro a tutti i suoi fornitori, a quelli abituali ma ancora di più agli aspiranti. Un contratto quadro che stabilisca norme più civili è nell’interesse di tutti ed è giusto chiederlo ma è sbagliato imporlo. E’ sperabile che anche la U.E. vada in questa direzione e che tutti i suoi membri la seguano. Tenere sotto controllo i paesi terzi sarà più difficile.
La lettura di tutto il decreto è comunque indispensabile perché ci sono almeno altri sei commi che in questo breve riassunto non sono ancora stati toccati.
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lunedì 23 gennaio 2012
Voti Scarsi per i Punti Vendita di Ortofrutticoli
Un sondaggio di Myfruit.it ha cercato di conoscere i giudizi dei propri lettori e followers riservati ai luoghi dove abitualmente comprano frutta e verdura.
Ecco il responso che però deve essere preso con le pinze visto che da un lato il numero di chi partecipa, percentualmente, ai sondaggi è ancora esiguo e dall'altro lato si tratta pur sempre di gente che è più o meno vicina a questo nostro mondo.
La domanda è così formulata (con indicazione delle percentuali delle risposte): Pensando al tuo punto vendita preferito per l'ortofrutta, lo consideri:
molto soddisfacente 31.3 %
gli dò la sufficienza 37.5 %
poco soddisfacente 31.3 %
insoddisfacente 0 %
Devo dire che temevo di peggio e quasi quasi ero tentato a considerarmi modestasmente soddisfatto: l'insoddisfaszione totale è praticamente esclusa e quasi il 70 % è più o meno soddisfatto.
Ma siccome stiamo tutti scervellandoci come invertire la rotta che da anni vede il consumo di ortofrutta in calo non si trova proprio qui l'aggancio per un possibile successo? L'industria dell'ortofrutta (dall'usanza del termine "produce industry" del mondo anglosassone che mi sembra descrivere meglio il genere di settore nel quale ci muoviamo) non potrebbe muoversi nella direzione di un indottrinamento della forza lavoro composta da decine di miglioaia di addetti al dettaglio sparsi in tuttoo il paese, per ottenere più simpatia e dunque più soddisfazione da parte dei consumatori?
Non si può sperare di influenzare più di tanto il grado di professionalità degli addetti alle bancarelle dei mercatini rionali o settimanali (livello veramente molto basic) ma sò di certo che per il reparto delle risorse umane della Grande Distribuzione è un problema grave selezionasre il personale responsabile di un punto vendita specializzato.
Un breve corso rivolto a chiunque abbia interesse a sviluppare o migliorare questa professionalità potrebbe essere d'aiuto. Non lo credo mio compito individuare e proporre gli enti che dovrebbero occuparsi della cosa ma sono certo che qualsiasi associazione di produttori o di esercenti il commercio al dettaglio troverebbe il suo tornaconto. Nessuno può essere soddisfatto che mediamente quasi un terzo della propria clientela esca dal proprio negozio con una specie di rancore come spesso accade. Se già i prezzi non possono cedere ulteriormente che almeno il grado di soddisfazione aumenti, e che aumenti di parecchio!
Ecco il responso che però deve essere preso con le pinze visto che da un lato il numero di chi partecipa, percentualmente, ai sondaggi è ancora esiguo e dall'altro lato si tratta pur sempre di gente che è più o meno vicina a questo nostro mondo.
La domanda è così formulata (con indicazione delle percentuali delle risposte): Pensando al tuo punto vendita preferito per l'ortofrutta, lo consideri:
molto soddisfacente 31.3 %
gli dò la sufficienza 37.5 %
poco soddisfacente 31.3 %
insoddisfacente 0 %
Devo dire che temevo di peggio e quasi quasi ero tentato a considerarmi modestasmente soddisfatto: l'insoddisfaszione totale è praticamente esclusa e quasi il 70 % è più o meno soddisfatto.
Ma siccome stiamo tutti scervellandoci come invertire la rotta che da anni vede il consumo di ortofrutta in calo non si trova proprio qui l'aggancio per un possibile successo? L'industria dell'ortofrutta (dall'usanza del termine "produce industry" del mondo anglosassone che mi sembra descrivere meglio il genere di settore nel quale ci muoviamo) non potrebbe muoversi nella direzione di un indottrinamento della forza lavoro composta da decine di miglioaia di addetti al dettaglio sparsi in tuttoo il paese, per ottenere più simpatia e dunque più soddisfazione da parte dei consumatori?
Non si può sperare di influenzare più di tanto il grado di professionalità degli addetti alle bancarelle dei mercatini rionali o settimanali (livello veramente molto basic) ma sò di certo che per il reparto delle risorse umane della Grande Distribuzione è un problema grave selezionasre il personale responsabile di un punto vendita specializzato.
Un breve corso rivolto a chiunque abbia interesse a sviluppare o migliorare questa professionalità potrebbe essere d'aiuto. Non lo credo mio compito individuare e proporre gli enti che dovrebbero occuparsi della cosa ma sono certo che qualsiasi associazione di produttori o di esercenti il commercio al dettaglio troverebbe il suo tornaconto. Nessuno può essere soddisfatto che mediamente quasi un terzo della propria clientela esca dal proprio negozio con una specie di rancore come spesso accade. Se già i prezzi non possono cedere ulteriormente che almeno il grado di soddisfazione aumenti, e che aumenti di parecchio!
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domenica 22 gennaio 2012
ORTOFRUTTA - Brainstorming all Università
un aiuto per promuovere un iniziativa di valore:
Link: http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Eventi/2012/01/27/Lortofrutta_e_la_nuova_Pac.htm
Seminari e Convegni | L'ortofrutta e la nuova Pac: declino o rivitalizzazione?
27 gennaio 2012
Facoltà di Agraria, Aula Magna - Ore 10
Modalità d'accesso: Ingresso libero
Visualizza il luogo dell'evento sulla mappa
Schermo interoL'ortofrutta e la nuova Pac: declino o rivitalizzazione?
Via Fanin, 40 - BolognaTermini e condizioni d'usoMappaSatelliteIbrida
Aggiungi al tuo calendario
Stai aggiungendo l’evento "L'ortofrutta e la nuova Pac: declino o rivitalizzazione?" al tuo calendario personale, Conferma
Link: http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Eventi/2012/01/27/Lortofrutta_e_la_nuova_Pac.htm
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27 gennaio 2012
Facoltà di Agraria, Aula Magna - Ore 10
Modalità d'accesso: Ingresso libero
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Via Fanin, 40 - BolognaTermini e condizioni d'usoMappaSatelliteIbrida
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sabato 21 gennaio 2012
MAGIC CODE - Quattro Colossi si Riuniscono
Orsero esce dall'isolamento ed insieme alla sua Simba inizia un percorso in compagnia di Melinda, Apofruit e Sant’Orsola. Si dichiara che questa innovativa iniziativa imprenditoriale nel settore italiano dell’ortofrutta ha lo scopo di creare una rete interattiva tra la produzione più qualificata e la distribuzione al dettaglio più specializzata.
Dopo la creazione dell'Alleanza delle Cooperative che ha visto unirsi in un unico soggeto Fedagri, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital questo è il secondo segnale eclatante che la filiera ortofrutticola se è messa in moto.
Non c'è dubbio che anche le condizioni dei mercati spingono verso la ricerca di nuove soluzioni e come il Governo Monti riesce finalmente ad adottare misure necessarie da tempo così anche l'ortofrutta italiana potrà trovare una via d'uscita se tante altre realtà decidono di attrezzarsi per una gestione più rispondente della produzione e della distribuzione nazionale ed internazionale.
I due esempi qui citati finora si riferiscono al mercato italiano ed il suo presidio è indispensabile. Ma simili strumenti dovranno essere realizzati anche per il presidio dei mercati mondiali che hanno un respiro ben più ampio e complesso. In questa occasione voglio ricordare la grande notorietà e l'ottima immagine nel mondo di tutti i prodotti alimentari made in Italy mentre la conoscenza delle regioni (anche quelle più famose come la Topscana) non vanno molto al di là dei confini della Vecchia Europa. Ben venga la rinascita dell'ICE che potrebbe fare con l'ortofrutta quello che a livello mondiale ha fatto von il vino: ottenere grandi successi
Dopo la creazione dell'Alleanza delle Cooperative che ha visto unirsi in un unico soggeto Fedagri, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital questo è il secondo segnale eclatante che la filiera ortofrutticola se è messa in moto.
Non c'è dubbio che anche le condizioni dei mercati spingono verso la ricerca di nuove soluzioni e come il Governo Monti riesce finalmente ad adottare misure necessarie da tempo così anche l'ortofrutta italiana potrà trovare una via d'uscita se tante altre realtà decidono di attrezzarsi per una gestione più rispondente della produzione e della distribuzione nazionale ed internazionale.
I due esempi qui citati finora si riferiscono al mercato italiano ed il suo presidio è indispensabile. Ma simili strumenti dovranno essere realizzati anche per il presidio dei mercati mondiali che hanno un respiro ben più ampio e complesso. In questa occasione voglio ricordare la grande notorietà e l'ottima immagine nel mondo di tutti i prodotti alimentari made in Italy mentre la conoscenza delle regioni (anche quelle più famose come la Topscana) non vanno molto al di là dei confini della Vecchia Europa. Ben venga la rinascita dell'ICE che potrebbe fare con l'ortofrutta quello che a livello mondiale ha fatto von il vino: ottenere grandi successi
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venerdì 20 gennaio 2012
L'INGHILTERRA CERCHI FORTUNA NELL'EXPORT
Il ministro inglese dell'agricoltura Jim Paice ha tentato di scuotere gli ambienti inglesi dell'ortofrutta. Parlando all'annuale OXFORD FARMING CONFERENCE ha sottolineato quanto ormai viene discusso su tutti i media: globalmente parlando la produzione agricola è sempre meno sufficiente per la nutrizione dei 7 mrd. di persone che ormai hanno già superato quella cifra.
Ha tentato di convincere gli operatori inglesi ("set the industry on fire")che hanno prodotti di buona qualità che possono trovare nuovi consumatori in molti paesi esteri.
Ha detto che non sono solo i 4 paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cile) ad alimentare le speranze ma basta guardare quanto l'Inghilterra già adesso esporta verso il Belgio per convincersi che c'è ancora tanto terreno da conquistare. Questo paese da solo importo più prodotti ortofrutticoli inglesi che i tutti i paesi del BRIC messi insieme.
Conoscendo l'alta qualità dei prodotti orticoli inglesi (non si può parlare di frutta per scarsità di produzione ed inadeguatezza del clima) non ho dubbi che le potenzialità ci siano. Sopratutto considerando che la manodopera impiegata nei magazzini di confezionamento di Spalding e tante altre zone di produzione consistente sopratutto in personale indiano, pakistano e simili etnie, costa meno della metà del personale equivalente in Italia. E si sa che la loro logistica, sopratutto quella marittima, è up to the standard!
Ha tentato di convincere gli operatori inglesi ("set the industry on fire")che hanno prodotti di buona qualità che possono trovare nuovi consumatori in molti paesi esteri.
Ha detto che non sono solo i 4 paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cile) ad alimentare le speranze ma basta guardare quanto l'Inghilterra già adesso esporta verso il Belgio per convincersi che c'è ancora tanto terreno da conquistare. Questo paese da solo importo più prodotti ortofrutticoli inglesi che i tutti i paesi del BRIC messi insieme.
Conoscendo l'alta qualità dei prodotti orticoli inglesi (non si può parlare di frutta per scarsità di produzione ed inadeguatezza del clima) non ho dubbi che le potenzialità ci siano. Sopratutto considerando che la manodopera impiegata nei magazzini di confezionamento di Spalding e tante altre zone di produzione consistente sopratutto in personale indiano, pakistano e simili etnie, costa meno della metà del personale equivalente in Italia. E si sa che la loro logistica, sopratutto quella marittima, è up to the standard!
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giovedì 19 gennaio 2012
Liberalizzare la commercializzazione ortofrutticola?
Liberalizzare sembra una bestemmia? A mio parere ci sono tanti lacci che impediscono il pieno sviluppo di tutte le potenzialità ancora esistenti in Itlia per commercializzare ortofrutta meglio. Generalmente non discuto questi temi su questo blog ma credo sia interesse di tutti guardare la situazione generale anche dal mio punto di vista. E' il puinto di vista di uno che ha vissuto le buone e le cattive stagioni dell'ortofrutta italiana fin dagli anni '50..
Con il passare degli anni una posizione inizialmente dominante sui mercati europei è stata puntellata al primo nascere di attori concorrenti da interventi di scuola antiliberista. Fin dalla nascita nel 1958 del MEC (mercato europeo comune costituito da soli sei paesi) la teoria prevalente, anche a Bruxelles, era quella che la produzione agricola aveva bisogno di aiuti e iniziò la stagione delle garanzie di prezzi minimi (con i ritiri dal mercato dell' Aima e tutte le relative nefandezze) e poi il finanziamento delle infrastrutture per lo stoccaggio e le lavorazioni dei prodotti ortofrutticoli ai soli produttori associati.
L'Italia adottò un regolamente interno differente da quello degli altri paesi estromettendo dai finanziamenti completamente gli esportatori che fino a quel momento rappresentavano la punta di diamente per la conquista dei mercati lontani.
Da allora i finanziamenti hanno indirizzato ogni attività non solo produttiva ma anche distributiva creando di fatto un territorio protetto per le organiozzazioni dei produttori (dalla singola cooperativa fin giù alle grandi chiese di CIA, Coldiretti, Confagricoltura ecc.) Come conseguenza il commercio individuale si inaridì progressivamente e la produzione organizzata, sotto la guida di dirigenti con la mentalità del produttore, anche la spinta commerciale (con la elativa assunzione di rischi commerciali) si arrestò.
Mentre il paese di maggior iniziativa, la Spagna, aumentò la sua presenza su tutti i mercati esteri, aumentando insieme ad essa anno dopo anno fino ad oggi anche tutte le produzioni ortofrutticole, l'Italia, sazia delle conquiste fin lì raggiunte, si riposò sugli allori salvo poi chiedere sempre più aiuti a Bruxelles per rimediare introiti calanti.
I Centri alimentari.
Una simile situazione la troviamo sui mercati all'ingrosso dove il libero commercio viene fortemente controllato dalle aziende municipalizzate che hanno il monopolio della gestione delle strutture necessarie per una moderna distribuzione non limitandosi solo alla regolamentazione ed ai controlli fitosanitari ed igienici ma volendo gestire anche le infrastrutture immobiliari con propri dirigenti ed i flussi finanziari ad esse collegate. Il commercio all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli non può svilupparsi liberamente. Non ha potuto adeguarsi alle esigenze della nascente GDO che è andata direttamente in campagna per approvigionarsi trovandosi spesso in difficoltà per via di servizi logistici e di continuità commerciali carenti.
Una ulteriore limitazione allo sviluppo commerciale viene causato dalla mancanza di inizaiti (ed intraprendenza) privata dall'ormai quasi estinta categoria degli esportaotri specializzati che sarebbero più adatti a navigare i mari mossi della globalizzazione che non i funzionari semipubblici che governano il mondo della produzione organizzata. Non credo ci sia chi possa contestare l'affermazione che senza il 4,5 % di finanziamenti che arrivano alle Organizzazioni dei Produttori ufficialmente destinati alla promozione, sui mercati emergenti non si muoverebbe foglia (tranne quella di Michelangelo Rivoira in Piemonte e qualche lodevole eccezione al sud).
Cambiare queste realtà sarà difficile anche per un governo tecnico ma sarebbe bene almeno iniziare a prendere coscienza di una situazione che non fa altro che ripercuotersi negativamente su tutto il mondo ortofrutticolo, sopratutto quello della produzione come ormai hanno capito quasi tutti.
Con il passare degli anni una posizione inizialmente dominante sui mercati europei è stata puntellata al primo nascere di attori concorrenti da interventi di scuola antiliberista. Fin dalla nascita nel 1958 del MEC (mercato europeo comune costituito da soli sei paesi) la teoria prevalente, anche a Bruxelles, era quella che la produzione agricola aveva bisogno di aiuti e iniziò la stagione delle garanzie di prezzi minimi (con i ritiri dal mercato dell' Aima e tutte le relative nefandezze) e poi il finanziamento delle infrastrutture per lo stoccaggio e le lavorazioni dei prodotti ortofrutticoli ai soli produttori associati.
L'Italia adottò un regolamente interno differente da quello degli altri paesi estromettendo dai finanziamenti completamente gli esportatori che fino a quel momento rappresentavano la punta di diamente per la conquista dei mercati lontani.
Da allora i finanziamenti hanno indirizzato ogni attività non solo produttiva ma anche distributiva creando di fatto un territorio protetto per le organiozzazioni dei produttori (dalla singola cooperativa fin giù alle grandi chiese di CIA, Coldiretti, Confagricoltura ecc.) Come conseguenza il commercio individuale si inaridì progressivamente e la produzione organizzata, sotto la guida di dirigenti con la mentalità del produttore, anche la spinta commerciale (con la elativa assunzione di rischi commerciali) si arrestò.
Mentre il paese di maggior iniziativa, la Spagna, aumentò la sua presenza su tutti i mercati esteri, aumentando insieme ad essa anno dopo anno fino ad oggi anche tutte le produzioni ortofrutticole, l'Italia, sazia delle conquiste fin lì raggiunte, si riposò sugli allori salvo poi chiedere sempre più aiuti a Bruxelles per rimediare introiti calanti.
I Centri alimentari.
Una simile situazione la troviamo sui mercati all'ingrosso dove il libero commercio viene fortemente controllato dalle aziende municipalizzate che hanno il monopolio della gestione delle strutture necessarie per una moderna distribuzione non limitandosi solo alla regolamentazione ed ai controlli fitosanitari ed igienici ma volendo gestire anche le infrastrutture immobiliari con propri dirigenti ed i flussi finanziari ad esse collegate. Il commercio all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli non può svilupparsi liberamente. Non ha potuto adeguarsi alle esigenze della nascente GDO che è andata direttamente in campagna per approvigionarsi trovandosi spesso in difficoltà per via di servizi logistici e di continuità commerciali carenti.
Una ulteriore limitazione allo sviluppo commerciale viene causato dalla mancanza di inizaiti (ed intraprendenza) privata dall'ormai quasi estinta categoria degli esportaotri specializzati che sarebbero più adatti a navigare i mari mossi della globalizzazione che non i funzionari semipubblici che governano il mondo della produzione organizzata. Non credo ci sia chi possa contestare l'affermazione che senza il 4,5 % di finanziamenti che arrivano alle Organizzazioni dei Produttori ufficialmente destinati alla promozione, sui mercati emergenti non si muoverebbe foglia (tranne quella di Michelangelo Rivoira in Piemonte e qualche lodevole eccezione al sud).
Cambiare queste realtà sarà difficile anche per un governo tecnico ma sarebbe bene almeno iniziare a prendere coscienza di una situazione che non fa altro che ripercuotersi negativamente su tutto il mondo ortofrutticolo, sopratutto quello della produzione come ormai hanno capito quasi tutti.
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