Da un po' di tempo le organizzazioni di produttori si fanno sentire spesso. In genere per segnalare calamità, pericoli e trattamenti ritenuti ingiusti. Purtroppo anche loro trovano colpe gravi nella fase commerciale, specialmente nei servizi forniti nel tragitto fra produzione e dettaglio, come del resto fanno molti giornalisti con i loro interventi sulla stampa cartacea ed in TV.
Pertanto La GDO ed i pochi dettaglianti indipendenti rimasti fanno finta di niente e spetterebbe alla vasta schiera di fornitori di servizi commerciali intermedi ed altri a prendere posizione. Quali sono le organizzazioni in grado di esprimere pareri fondati sulla profonda conoscenza dei meccanismi della distribuzione?
Le voci più importanti che pesano sui costi commerciali sono senz'altro la lavorazione, gli scarti in magazzino e sul punto vendita, gli imballaggi, il trasporto ed i margini degli intermediari. Tutti gli attori coinvolti in questi settori dovrebbero rispondere in caso di contestazione. In pratica però sono solo questi ultimi ad avere in mano un quadro completo del percorso che il prodotto fa dal produttore al dettagliante e toccherebbe pertanto a loro far sentire la loro voce.
Le organizzazioni che ragruppano vari settori del commercio sono per esempio ANEIOA (Associazione Esportateori- Importatori), FEDAGRO (Federazione Grossisti) ecc ecc. Come sempre nel commercio non si riesce a mettere d'accordo su una linea unica i vari soggetti e pertanto finora hanno quasi sempre preferito il silenzio.
Un primo passo verso un pronunciamento unitario potrebbe essere quello di organizzare un'unità di crisi, un comitato misto fra le varie associazioni, che si attiva in caso di emergenza (fitopatologica, scioperi nazionali, inclemenze climatiche ecc) e coordina azioni e reazioni attraverso comunicati stampa ed interventi in TV. In un secondo momento questo comitato o un suo portavoce potrebbe anche gestire la comunicazione "aziendale" cioè di tutto il comparto.
Se i vertici delle organizzazioni professionali non riescono ad attivarsi l'incentivo deve venire dalla base. Questo mio scritto vuol già essere uno dei piccoli tasselli per far partire la valanga che con la sua forza d'urto potrebbe convincere domani i tanti rappresentanti eletti a sedersi intorno a un tavolo e prendere questa piccola ma importante decisione. Purtroppo ancora oggi il nostro mondo sottovaluta l'importanza della comunicazione anche se i singoli sentono da molto tempo l'esigenza di una risposta comune sensata alle tante domande che vengono dal pubblico.
Quando i media affermano che è ingiusto che al produttore una merce venduta al dettagli a € 2.00 al Kg venga pagato solo qualche centesimo hanno ragione. Ma noi sappiamo che questo non è vero e lo dobbiamo dire e confutare negli stessi canali. Nello stesso tempo dovremo saper convincere che i servizi che forniamo sono tanti, tantissimi ed anche costosi (mano d'opera in primo luogo). C'è sicuramente inefficienza, ma essa si annida in tutti gli anelli della catena e non basta intestare la fattura a pochi soggetti (una cooperativa ed un supermercato) perchè il freschissimo che noi trattiamo ha comunque bisogno di programmazione, di selezione, di qualità, di velocità, di reperibilità capillare, di sanità certificata, tutte cose che costano comunque e sempre.
1 commento:
La lettura del blog è stata molto interessante, soprattutto per me che scrivo sia in qualità di frutticoltore piemontese sia come amministratore di una nuova cooperativa, che ha come obiettivo quello di commercializzare i prodotti dei soci.
In questi mesi in cui devo definire la strategia commerciale per la prossima campagna del kiwi, la prima per la nostra realtà, mi rendo conto che mi trovo di fronte ad alcune strade diverse, non sempre compatibili tra loro.
In particolare le strategia di marketing della nostra cooperativa potrebbero dirigersi verso:
- Vendita diretta.
- Ricerca diretta di clienti in Italia o all’estero.
- Aggragazione alla massa e vendere tramite le organizzazioni di zona.
- Vendita tramite intermediari indipendenti.
Provo a spendere alcune parole per ognuna di queste strade, anche per condividere e riflettere con la community sulle difficoltà che si incontrano nella definizione di una vera strategia commerciale.
Vendita diretta
Se ne fa un gran parlare. Sembra la panacea di tutti i mali. Ma ci sono alcuni problemi. Non credo che dalla città la gente sia disposta a fare 20, 30 o 60 km e venire nel mio magazzino a comprare una cassetta di pesche o di kiwi. Sarebbe più interessante immaginare di aprire una catena di negozi direttamente in città. Però, calcolatrice alla mano, quanti quintali di frutta dovrebbe vendere un punto vendita per pagare affitto, stipendi, costi vari e generare ancora una redditività? Immaginando un mark-up di 30 centesimi al kilo… la risposta è nell’ordine delle migliaia di quintali. Non impossibile… ma sicuramente molto ambizioso.
Ricerca diretta di clienti in Italia o all’estero all’estero
Nella zona del Cuneese in cui mi trovo ad operare esistono realtà commerciali molto grandi e di lunga storia (come ovviamente altrove in Italia) che hanno la forza e l’esperienza per ricercare direttamente nel mondo importatori e operatori con cui trattare. Per un operatore relativamente piccolo, tuttavia, le cose si complicano. Mettersi a fare concorrenza a queste grandi realtà sul loro stesso terreno sarebbe quantomeno azzardato.
Aggregarmi alla massa e vendere tramite le organizzazioni di zona.
E’ la strategia dominante per i piccoli magazzini. Si riempie il frigo di frutta, si fa una telefonata all’organizzazione di cui si fa parte e si partecipa ad una gara al ribasso (la stessa telefonata viene di solito fatta da alcune altre decine di concorrente) che diventa devastante nelle annate di buona produzione.
Vendita tramite intermediari indipendenti
Questo scenario è quello che secondo me può fare la differenza, nella misura in cui viene vissuto sia dal magazzino (o dalla cooperativa) sia dall’agenzia. Se infatti la cosa si riduce da parte del magazzino ad un giro di telefonate ad una lista di agenzie, cercando di “piazzare” i carichi, il tutto si riduce ad una situazione simile a quella in cui la telefonata viene fatta all’organizzazione della propria zona. Stesso risultato in annate difficili. Se però nasce una vera collaborazione, in cui da una parte il magazzino collabora attivamente con l’intermediario, programmando e coltivando il proprio prodotto in base alle necessità del mercato dell’intermediario e questo a sua volta riesce ad offrire un vero valore aggiunto per il magazzino, affiancandolo non in modo estemporaneo per singole vendite ma diventando lo strumento commerciale che quest’ultimo non potrebbe esercitare in autonomia, allora ecco che si forma (a mio parere) una sinergia che può diventare davvero molto efficiente.
Da un lato infatti è possibile fare concorrenza anche ai grossi gruppi, perché le piccole realtà di produzione e condizionamento riescono ad operare a costi e con una flessibilità non raggiungibile da chi è già troppo grande. Dall’altro l’intermediario può veramente esercitare la sua funzione di programmazione, esplorazione del mercato, ricerca dei clienti e feedback al produttore per tarare il prodotto verso le sue esigenze, massimizzando i propri guadagni.
Ma subito una nuova questione sorge: è possibile una collaborazione di questo tipo? Oppure gli interessi particolari, le tentazioni della concorrenza, un guadagno immediato invece di una programmazione più articolata la rendono impossibile?
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