Come ogni anno le camere di commercio di Forlì e Ravenna hanno organizzato il convegno che fa il punto sulla situazione del comparto pesche - nettarine.
Qui vorrei esaminare solo qualche dettaglio della seconda giornata che si è occupata degli aspetti commerciali.
La ricetta buona è quella che il team dell'Università di Bologna porta avanti non da oggi, la terapia sbagliata è quella politica che indirizza le sue attenzioni solo ai due estremi della filiera: la Produzione Organizzata e la Grande Distribuzione.
Visto che da decenni vengono fortemente agevolate e perciò finanziate le organizzazioni dei produttori senza ottenere i risultati auspicati ci dobbiamo tutti chiedere se non è il caso di allargare lo sguardo.
Al convegno è stato detto da autorevoli studiosi ed anche da operatori del settore che a tutt'oggi la produzione organizzata, anchee in Romagna dov'è organizzata al massimo, non supera il 35 percento. Non vuol dire questo che gli altri due terzi dei frutticoltori si sentono più a loro agio se possono rimanere liberi e trovare sul mercato le soluzioni che servono? Non vuol dire questo che le cooperative non sono riuscite a convincere con i fatti, le liquidazioni, una buona parte dei produttori agricoli?
La verità è che la teoria non conferma la pratica. La teoria, sia di tanti agricoltori come anche di tanti politici, è quella della necessità di accorciare la catena della distribuzione. La pratica ci dimostra che anche laddove questo avviene, non si raggiungono risultati apprezzabili. Parlo dei casi dove la GDO si approvvigiona direttamente alla produzione come oggi avviene nella maggior parte dei casi. Non si riesce a realizzare remunerazioni più consone per la produzione e non si riesce ad offrire prezzi più bassi ai consumatori.
La Proposta: L'università si attiene giustamente ai dettami della scienza di marketing di M. Potter che richiede di orientarsi al mercato e di fare sempre quel che il consumatore preferisce. Richiede anche l'identificazione del prodotto con le relative garanzie di continuità nella qualità e nella disponibilità.
Sta adesso alle menti più più aperte del sistema ortofrutticolo italiano ad interpretare queste esigenze e di proporre e perseguire le relative politiche. Ma sia chiaro: senza trovare un metodo cche coinvolga la maggioranza del sistema peschicolo (domani anche quello ortofrutticolo) non si andrà da nessuna parte. Pertanto è necessario aprire il dialogo a tutti gli attori della filiera distribuendo le risorse per tutti gli scopi e non solo per quelle fissate dalla politica.
Non mi sembra che ci siano altri paesi molto più contenti della situazione del nostro e non ci sono pertanto regole da copiare. Da sempre l'U.E. detta le sue leggi che mirano alla concentrazione dell'offerta attraverso l'associazionismo dei produttori. Ma se queste regole vanno bene in Olanda o anche in Alto Adige non è detto che siano attuabili nelle economie mediterranee. Forse in quelle un commercio più forte potrebbe essere la soluzione. In quel caso i fondi per la promozione dovrebbero essere elargite a chi commercializza. Ma come abbiamo sentito a Cesena a commercializzare non ci sono solo le O.P ma c'è un buon 65-70 % che si arrabatta come può.
Ma questo "come può" non significa per niente dare meno al produttore e far pagare di più al consumatore. Basta intervistare i produttori che vendono attraverso il commerciante ed i mercati all'ingrosso e fare una ricerca sui punti vendita che espongono i prezzi al dettaglio. Ho l'impressione che il risultato sarà che tutti siamo nella stessa barca. Ma in una barca che fa acqua e che potrebbe però essere riparata! Anzi, DEVE ESSERE RIPARATA!