Twitter  LinkedIn

domenica 20 dicembre 2009

EXPORT FRUTTA: giù i valori, invariati i quantitativi

Ha tenuto il sistema bancario italiano ma ha tenuto anche l'export ortofrutticolo. Queste sono in sintesi le conclusioni che si possono trarre esaminando i dati a tutto Settembre 2009 pubblicati da FRUITIMPRESE presieduta da Gino Peviani.

Non è certamente una grande consolazione perchè si tratta di perdite che gravano su un comparto già sofferente da anni e che si era appena leggermente ripreso nel corso delle utlime due stagioni.

Ma osservando che i clienti non si sono allontanati fa prevedere un ritorno alla normalità non appena i mercati si riprenderanno.

sabato 5 dicembre 2009

"Ce l'ha con le cooperative ortofrutticole"

Ce l'ha o non ce l'ha?

Dopo la pubblicazione da parte di FRESHPLAZA.IT in data 4 Dicembre della mia lettera al Prof. Pizzoli della facoltà di agraria dell'Università di Bologna uno dei primi commenti che ho sentito è quello qui riportato nel titolo. Il testo di quella lettera è riportato nel mio blog precedente.

Avevo sostentuto che parte delle colpe per il negativo andamento della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli italiani è da ricondurrsi alla prevalenza dell'orientamente alla produzinoe, al prodotto, del management di molte cooperative ortofrutticole. Avevo anche sostenuto che la non comprensione delle problematiche della filiera distributiva e la conseguente politca governativa degli ultimii 40 anni ha fatto perdere una parte considerevole del know how riferito ai mercati internazionali in conseguenza della sistematica messsa in angolo della commercializzazione privata che era rappressentata, e in certe zonevienne rappresentata ancora, da ditte ben attrezzate per il commercio internazionale, i cosidetti esportatori.

La tendenza è ancora in atto ed oggi si esprime nelle prese di posizione delle grandi organizzzazioni dei produttori che si pronunciano contro la Grande Distribuzione e tentano la propria strada al dettaglio organizzando e finanziando (con soldi pubblici) iniziative come i mercati del contadino, il mercato amico, il KM zero.

Il mio pensiero:
Vorrei qui meglio precisare il mio pensiero: Ritengo del tutto logico e leggittimo la formazione di gruppi di produttori che s'incaricano della conservazione, della lavorazione e della commercializzazione dei loro prodotti. A patto che il mercato sia lasciato libero ed i finanziamenti, veramente necessari, arrivino in egual misura a tutti gli interessati. Finanziare la produzione è una cosa, finanziare le operazioni commerciali è un'altra.

Da 40 anni questo distinguo non avviene ma per stare nel politically correct non lo si può dire. Sarà necessario anche in questo caso l'intervento di qualcuno o di qualche cosa che "sdogani" chi ha sempre portato avanti un pensiero "liberistico". La mia teoria è che per avere un'organizzazione della commercializzazione dell'ortofrutta efficiente c'è bisongo di ogni variante delle sue componenti. Se è vero che il 50-60 % delle vendite al dettaglio sono nelle mani dalla GDO è pur vero che il mancante 40-50 % ha bisogno di altre strade. Accanto alla GDO ci saranno i mercatini rionali, Il catering per la HORECA, i fruttivendoli.

Per rifornire tutti questi servono politiche ed attività molto specializzate che si servono di un altro anello della catena: gli operatori all'ingrosso dentro e fuori dai mercati generali, gli agenti ed i rappresentanti, le società import-export, .

Queste ultime hanno un ruolo particolare perchè sono loro le punte di diamente da usare anche per arrivare sui mercati lontani e pertanto più complicati e più pericolosi, oltre che nell nicchie di nercato che ormai sono in ogni angolo, in Italia, in Europa e nel mondo.

Se il legislatore continua a sovvenzionare esclusivamente i produttori, offrendo i necessasri finanziamenti solo a loro per arrivare con l'offerta concentrata ai supermercati, per forza di cose l'altra metà della filiera inaridisce.

Ed ecco la principale causa dei mali della nostra commercialilzzazione: la mancanza di tutti gli attorineccessari per commercializzzare un quantitativo così vasto di prodotti ortofrutticoli che giornalmente deve raggiungere le bocche di ogni dove.

Non dimentichiamo che sentiamo da tempo che l'Italia produce più del fabbisogno nazionale e che dunque l'esportazione è necessaria. Ed è anche l'unica via per smaltire la merce qui prodotta e che qui trova un consumo in declino da anni per vari motivi, e non solo per la crisi attuale.

Il Marketing.
Fin qui ho parlato della commercializzazione. Manca un'altro strumento raramente utilizzato: il Marketing. E' uno strumento che si basa su un prodotto certo e standardizzato, sulla ricerca di mercato e sullas comunicazione pubblicitaria. In questo campo saranno necessario idee nuove ed un grande impegno di tutti per promuovere un prodotto, un marchio, un sistma regionale o di paese che possa imporrsi sui mercati globali. E' qui che la teoria e la scienza devono intervenire, è qui che le grandi menti del nostro sistema ortofrutticolo devono applilcarsi.

P.S.: Conosco l'OCM e una buona parte delle sue implicazioni. La ritengo però figlia di una strategia comunitaria che non ha portato vantaggi tangibili ai produttori europei se ancora oggi, dopo 50 anni di MEC (mercato europeo comune), osserviamo ancora l'assoluta supremazia dei prodotti americani sui mercati mondiali.

Il tema Marketing in ortofrutta

La facoltà di scienze agrarie dell'università di Bologna nella persona del Prof. Carlo Pirazzoli ha esposto le sue teorie aggiornate in fatto di marketing in occasione dell'annuale "convegno peschicolo di Cesena, novemebre 2009. Prima di quell'occasione ho indirizzato un mio promemoria al professore per dare un contributo alla discussione che secondo me doveva aprirsi dopo una campagna commercicale estiva così negativa.

Ecco il testo di quella lettera:

Egr.
Pizzoli Prof. Carlo


Il problema ortofrutticolo in Italia


Osservo la triste evoluzione dell’ortofrutticoltura italiana da ormai 50 anni. Ho iniziato a lavorare nella commercializzazione dei prodotti freschi nell’azienda di mio padre a 20 anni. Non ho dunque studi universitari ma in compenso ho avuto modo di poter osservare le situazioni da osservatori privilegiati.

Mi ricordo che negli anni ’80 un dirigente dell’ICE che in quel momento ricopriva un’importante carica dirigenziale nell’ufficio dell’Istituto a Bruxelles mi disse: per cambiare in meglio dobbiamo attendere la fine della guerra fratricida che imperversa in Italia: quella fra il commercio privato e le cooperative dei produttori.

Da qui nasce tutto il disastro che oggi ci troviamo davanti: Il produttore individua nella distribuzione forze a lui ostili che secondo lui non fanno altro che sfruttarlo. La politica accetta questa tesi e l’aiuta con importanti finanziamenti ad organizzarsi in proprio. Il risultato sono le organizzazioni dei produttori come sono oggi: una entità mercantile che continua ad orientarsi alla produzione invece che al mercato.

La prova ne sono il sentimento ostile nei confronti della distribuzione che traspare da ogni dichiarazione dei dirigenti di Coldiretti, CIA ecc ed adesso anche dal ministro dell’agricoltura, l’assenza di collaborazione fra produzione e commercio a livello di import export e gli scarsi investimenti in ricerca di mercato (per conoscere il consumatore) e di promozione (per informare il consumatore.

Purtroppo la guerra è stata persa dagli specialisti dei mercati internazionali, gli esportatori indipendenti, ed insieme a loro l’Italia ha perso sia il know how di tante generazioni e l’intuizione e la propensione al rischio necessaria ad ogni penetrazione di mercato.

Va dato atto agli operatori agricoli che la politica italiana da decenni rivolge tutte le sue attenzioni unicamente al mondo industriale non imitando in questo i governi di stati ben più industrializzati come la Francia, la Germania e gli stessi Stati Uniti.

I rimedi oggi
----------------

Partendo da questi presupposti e partendo anche dalla crisi attuale innegabile che dimostra l’incapacità della produzione ad uscire da sola da questo impasse c’è solo la strada della scienza che, al di sopra di tutti i preconcetti emotivi possa individuare ed indicare la giusta via: Un’importante istituzione come la Vostra Università potrebbe mettersi a capo di una profonda revisione di tutte le politiche recenti proponendo terapie scientificamente accettate ed auspicate da tutti.

Credo che la scienza del marketing (che ho studiato personalmente alla Bocconi di Milano quando ho frequentato per primo del nostro settore un corso specializzato di tre mesi nel 1984 per utilizzarla in occasione del lancio del marchio della ciliegia VIGNOLA) possa essere di grande aiuto ed essere accolto dalle menti più illuminate del nostro mondo.


Riposizionarci pensando al mercato e le sue esigenze per arrivare all’adeguamento della produzione attraverso lo studio della concorrenza e di tutti gli altri strumenti che abbiamo a disposizione. E, come Lei perfettamente sa, i fondi non mancano.

Mi immagino che l’esito di una siffatta terapia debba passare obbligatoriamente da un ripensamento della filiera distributiva dimenticando la concezione di “entità parassitaria” troppo spesso inculcata nelle menti di produttori e consumatori. Bisogna invece accettarla come necessario anello di congiunzione con la gente che ha bisogno di comprare e mangiare tranquillamente ortofrutta sana ed al prezzo giusto. Per poterlo fare nel modo adeguato è certamente necessaria una serie di servizi molto perfezionati ma anche costosi offerti sulla strada fra produzione e consumo.

Ci vorrà poi una rivalutazione della dimensione aziendale a ogni livello e la comprensione oltre che la collaborazione dei produttori con la filiera distributiva (non solo quella della GDO ma anche quella intermedia che occupa le nicchie ed apre i nuovi mercati).

Bisogna infine investire in promozione, pubbliche relazioni e pubblicità per convincere gli italiani dell’importanza per la salute del consumo di prodotti ortofrutticoli freschi visto che i concorrenti del mondo dei succedanei è talmente agguerrita da far addirittura cambiare abitudini alimentari a un popolo intero, contro ogni buon senso.

Caro professore, un Suo commento sarebbe molto gradito anche per approfondire questa tematica. Spero di vederLa a Cesena dopodomani.

Cordialmente
Rolando Drahorad
Cell.: 348 700 6290


Vignola, 4 Novembre 2009